mercoledì 27 marzo 2024

Sapete quante streghe ha bruciato l'Inquisizione?


 Sapete quante streghe ha bruciato l'Inquisizione?

-Nessuna.

Le streghe non esistono.

Non sono state le streghe a bruciare, sono state donne.

Donne belle, colte e intelligenti. Donne accusate di avere acqua nel pozzo o di aver coltivato e curato la loro bella piantagione. Sono state condannate per avere una voglia, per essere abili con la medicina di erboristeria, per essere alte, nere o rosse.

Hanno condannato quelle che mostravano forte connessione con la natura, quelle che ballavano o cantavano. Quelle che sembravano felici. Quelle che sembravano autonome e potenti.

Per la Santa Inquisizione e per molti altri gruppi nel corso della storia, qualsiasi donna dallo spirito libero doveva essere bruciata o gettata in acqua. Se galleggiava, era colpevole e giustiziata. Se affondava e annegava, era stata dichiarata innocente e allora la sua anima sarebbe andata in cielo.

Molte, migliaia di esse sono state gettate dalle scogliere o messe in profondi buchi del terreno da esseri che si sentivano superiori a loro, quasi dei.

Perché sto scrivendo questo?

Perché conoscere la storia è importante quando si tratta di costruire una nuova società e un nuovo mondo. È urgente dare voce a tutte le donne in onore di quelle che sono state umiliate, sobaciate, picchiate, torturate e massacrate. Lunga vita alle donne indipendenti, forti e potenti.

Non sono state le streghe a bruciare, sono state...  donne.

 

domenica 17 marzo 2024

Brigata Catanzaro: gli eroi che finirono fucilati - un fatto storico per troppo tempo dimenticato

Brigata Catanzaro: gli Eroici Ragazzi del Sud che finirono fucilati - guerra mondiale 1915-1918 

Durante la Prima Guerra Mondiale, gli eroici giovani della Brigata Catanzaro, tutti Calabresi e qualche siciliano, mostrarono tutto il loro valore, ed il loro amore verso la loro Patria, conquistando, a costo del proprio sangue e della propria vita di moltissimi di loro, poderose fortezze, giudicate assolutamente inespugnabili perché munitissime di ogni tipo di armamenti, ed arroccate a grandi altezze sulla cima delle montagne delle Alpi e difese in ogni modo da forze nemiche preponderanti. Questi generosissimi ragazzi con il loro innumerevole immenso e supremo sacrificio fecero della Brigata Catanzaro il reparto più valoroso, con più caduti e con più decorazioni di guerra di tutta la storia delle forze armate italiane! Ma pur avendo essi compiuto tali e tanti innumerevoli ed incredibili atti eroici di incomparabile valore più di ogni altro reparto di tutta Italia, detti giovani notavano con sorpresa e stupore che tutto questo non bastava mai ai loro superiori, che continuavano a spingerli assurdamente e letteralmente al massacro ed al vero e proprio bestiale macello in imprese sempre più sconclusionate, pazzesche ed impossibili! Fu proprio per questo che questi giovani si resero finalmente conto che il vero obiettivo dei loro superiori dello Stato maggiore militare, ma anche del loro stesso Governo e del loro stesso Stato supremo, in cui essi fino ad allora avevano creduto e nutrivano la massima fiducia, di fatto non era soltanto o soprattutto quello di avanzare e di conquistare importanti e decisive postazioni nemiche, quanto proprio quello di realizzare il proposito nascosto, ipocrita ed inconfessabile della criminale classe dominante di questo Stato massonico del tricolore: quello di fare sterminare la migliore gioventù dell’Italia del Sud. Questo Stato massonico, sleale e criminale vedeva in quei giovani eroi del Sud quello spirito battagliero e quel coraggio indomabile della parte migliore di tutto il Popolo Italiano. Un coraggio che poteva essere estremamente pericoloso, perché in caso di ribellione avrebbe potuto abbattere facilmente l'egemonia di detta criminale classe dominante massonica, ebraica e rothschilidana, truffaldina, vile, sleale, traditrice ed assassina.... 

Fu così che questa eroica brigata che si ribellò, giustamente, contro l’essere criminalmente costretta dai carabinieri con i fucili spianati alle spalle pronti a sparare loro addosso se indietreggiava, e mandata ad andare letteralmente al macello per otto, nove o dieci volte di seguito, all’assalto alla baionetta contro postazioni imprendibili perché difese da campi minati, da una selva di filo spinato e da migliaia e migliaia di mitragliatrici. La classe dirigente massonica , non ammise affatto l’assurdità delle sue pretese suicide nei i confronti dei valorosissimi, ma non certo stupidi, ma ingenui e fiduciosi soldati calabresi, ma facendo finta di voler trattare e parlamentare sulla questione, li fece disarmare ed arrestare a sorpresa ed a tradimento dagli stessi carabinieri che stavano tra loro; e poi trattandoli da vili, codardi e traditori li condannò immediatamente all’infamia della decimazione con fucilazione alla schiena attuata a forza da plotoni di esecuzione degli stessi commilitoni calabresi, che erano costretti ad eseguire gli ordini, a pena di essere essi stessi fucilati alla schiena da plotoni di carabinieri sistemati schierati con le armi spianate e puntate alle loro spalle e pronti a sparare su di essi se non avessero eseguito in tutto e per tutto gli ordini di uccidere i loro compagni d’armi. 

Pertanto durante la prima guerra mondiale l'eroica brigata Catanzaro, la più valorosa e la più decorata di tutto l'esercito “italiano”, che si fidò fino all’ultimo della classe dominante massonica ebraica risorgimentale fu da essa mandata al macello, assassinata, decimata, umiliata ed offesa in tutti i modi peggiori, più perfidi e più infami ed infine sciolta completamente proprio perché commise l’errore gravissimo di fidarsi di questa ipocrita ed assassina classe dominante invece di ribellarsi fino in fondo e tentare di abbatterla, preferendo piuttosto morire combattendo con le armi in pugno per la propria libertà e la libertà del proprio popolo, piuttosto che fidarsi di tali traditori e farsi massacrare da essi come stupide bestie da macello! 

 

La lettera aperta di Najat, palestinese, a Liliana Segre...


La lettera aperta di Najat a Liliana Segre, figlia di un padre e una madre Palestinesi vittime della Nakba del 1948 e rifugiati in Siria. Una lettera commovente:

Signora Liliana Segre,

Voi siete turbata perché si usa la parola “Genocidio” per il Massacro a Gaza, come se questa parola fosse un privilegio, un distintivo d'onore o addirittura un'esclusività.

Credetemi, noi Palestinesi non vi abbiamo rubato la parola tanto meno vogliamo farlo. Semmai sono stati quelli che Voi conoscete bene che l'hanno cucita su misura del nostro corpo, della nostra fermezza e della nostra adesione alla nostra terra.

Vorrei dirvi che non siamo contenti di questa parola, ma come potete vedere anche voi, le lettere di questa parola sono intrise del nostro sangue, delle nostre lacrime e del nostro dolore!

In questa parola si sente l'eco dell'esplosione delle case, degli ospedali, delle chiese, delle moschee mentre siamo condannati a sentire finanche le risate dei soldati israeliani quando bombardano indiscriminatamente e poi festeggiano come se per loro fosse un gioco. 

Riprendete indietro la parola “Genocidio” cara Signora, a patto che ci restituite oltre 30.000 anime. Riprendetevi questa parola e ridateci Hind, la bambina di soli 7 anni che il mondo intero ha sentito piangere in macchina per giorni, circondata dai cadaveri dei suoi familiari e dai carri armati israeliani.

Riprendetevela e ridateci Yazan, 6 anni, morto per malnutrizione perché Israele blocca l'accesso degli aiuti umanitari. Riprendetevela e ridateci 

Mohammed, 16 anni, bruciato vivo. 

Riprendetevela e ridateci Mustafa, 14 anni, ucciso mentre andava a scuola!! Riprendetevela e ridateci Rami, 13 anni, che stava festeggiando il Ramadan con fuochi d'artificio. Riprendetevela e ridateci Ahmed 8 anni, morto solo perché reclamava un sacco di farina. Riprendetevela e ridateci le membra dei nostri figli, i loro occhi, le loro braccia, le loro gambe e anche il loro spensierato sorriso. 

E noi, cara Segre, promettiamo che non useremo mai più la parola “Genocidio” nel nostro linguaggio. Se c'è una cosa che più di tutte vorremmo, è non dover usare questa dannata parola. Semplicemente perché siamo un popolo che ama la vita e merita la vita...”