27 ottobre 1986 il papa polacco Karol Wojtyla prega insieme a fedeli di altre religioni |
Lettera scritta al papa Benedetto XVI, martedì 11 gennaio 2011, da alcuni cattolici che avvertivano il pericolo dello spirito di Assisi, voluto da Karol Wojtyla, di pregare con fedeli di altre religioni.
Santo Padre Benedetto
XVI,
siamo alcuni cattolici
gratissimi dell’opera da Voi compiuta come pastore della Chiesa
universale in questi anni; riconoscenti per la vostra grande
valutazione della ragione umana, per la concessione del "Motu
proprio Summorum pontificum", per il vostro proficuo rapporto
con gli Anglicani che ritornano all’unità, e per molto altro
ancora. Abbiamo preso il coraggio
di scriverVi dopo aver sentito, proprio nei giorni del massacro dei
cristiani copti in Egitto, dell’intenzione di convocare ad Assisi,
per il mese di ottobre, un grande raduno interreligioso, venticinque
anni dopo "Assisi 1986".
Tutti noi ricordiamo
quell’evento di tanti anni fa.
Un evento anche mediatico
come pochi, che, a prescindere dalle intenzioni e dalle dichiarazioni
di chi lo convocò, ebbe un contraccolpo innegabile, rilanciando,
proprio nel mondo cattolico, l’indifferentismo ed il relativismo
religioso.
Proprio da
quell’avvenimento prese vigore presso il popolo cristiano l’idea
che l’insegnamento secolare della Chiesa, "una, santa
cattolica e apostolica", sull’unicità del Salvatore, fosse in
qualche modo da archiviare.
Joseph Ratzinger, Benedetto XVI |
Tutti noi ricordiamo
rappresentanti di tutte le religioni in un tempio cattolico, la
Chiesa di santa Maria degli Angeli, allineati con in mano un
ramoscello di ulivo: quasi a significare che la pace non passa da
Cristo ma, indistintamente, da tutti i fondatori di un credo, quale
che esso sia (Maometto, Budda, Confucio, Kalì, Cristo…)
Ricordiamo la preghiera
dei mussulmani in Assisi, cioè nella città di un Santo che aveva
fatto della conversione degli islamici uno dei suoi obiettivi.
Rammentiamo la preghiera
degli animisti, la loro invocazione degli spiriti elementari, e
quella di altri credenti o di rappresentanti di religioni atee come
il giainismo.
Quel pregare "insieme",
qualsiasi fosse il fine, volenti o nolenti ebbe l’effetto di far
credere a molti che tutti pregassero "lo stesso Dio", solo
con nomi diversi.
Invece le Sacre Scritture
parlano chiaro: "Non avrai altro Dio all’infuori di me"
(I comandamento); "Io sono la Via, la Verità e la Vita; nessuno
viene al Padre se non per mezzo di me" " (Gv, 14, 6).
Chi scrive non nega
certamente il dialogo, con ogni persona, di qualsiasi religione essa
sia.
Viviamo nel mondo, e
tutti i giorni parliamo, discutiamo, amiamo, anche chi non è
cristiano, perché ateo, incerto, o di altre religioni. Ma questo non
ci impedisce di credere che Dio stesso sia venuto sulla terra, e si
sia fatto uccidere, per insegnarci, appunto, la Via e la Verità, e
non solo una delle tante e possibili vie e verità. Cristo è per noi
cristiani il Salvatore: l’Unico Salvatore del mondo.
Ricordiamo dunque con
sgomento, tornando a quell’avvenimento di venticinque anni fa, i
polli sgozzati sull’altare di santa Chiara secondo riti tribali e
la teca con una statua di Budda posta sopra l’altare della chiesa
di san Pietro, sopra le reliquie del martire Vittorino, ammazzato,
400 anni dopo Cristo, per testimoniare la sua fede.
Ricordiamo i sacerdoti
cattolici che si sottoposero a riti iniziatici di altre religioni:
una scena raccapricciante, dal momento che, se è "sciocco"
battezzare nella fede cattolica una persona adulta che non vi crede,
altrettanto assurdo è il fatto che un sacerdote cattolico si
sottoponga a un rito cui non riconosce alcuna validità né utilità.
Così facendo si finisce infatti solo per far passare una idea: che i
riti, tutti, non siano altro che vuoti gesti umani. Che tutte le
concezioni del divino si equivalgano. Che tutte le morali, che da
ogni religione promanano, siano intercambiabili.
Ecco, quello "spirito
di Assisi", su cui poi i media e i settori della Chiesa più
relativisti ricamarono a lungo, gettò confusione. Ci sembrò
estraneo al Vangelo e alla Chiesa di Cristo, che mai, in duemila
anni, aveva scelto di fare altrettanto. Avremmo voluto riscrivere,
allora, queste ironiche osservazioni di un giornalista francese: "In
presenza di tante religioni, si crederà più facilmente o che esse
sono tutte valide o che sono tutte indifferenti; vedendo così tanti
dei, ci si chiederà se tutti non si equivalgono o se ce n’è uno
solo vero. Il parigino beffardo (scettico ed ateo, ndr) imiterà quel
collezionista scettico, il cui amico aveva appena fatto cadere un
idolo da una mensa: ‘Ah! Disgraziato, poteva essere il Dio vero’".
Trovammo conforto,
allora, alle nostre perplessità, in tantissime dichiarazioni di
pontefici che avevano sempre condannato un siffatto "dialogo".
Un Congresso di tutte le
religioni era stato già organizzato, infatti, a Chicago, nel 1893, e
a Parigi, nel 1900. Ma papa Leone XIII era intervenuto a vietare
qualsiasi partecipazione cattolica.
Lo stesso atteggiamento
tenne Pio XI, il papa che condannò l’ateismo comunista ma che
deplorò nel contempo il tentativo di unire gli uomini in nome di un
vago e indistinto senso religioso, senza Cristo.
Scriveva quel papa nella
sua "Mortalium Animos" (Epifania del 1928),
proprio a riguardo dei congressi ecumenici: "Persuasi che
rarissimamente si trovano uomini privi di qualsiasi sentimento
religioso, sembrano trarne motivo a sperare che i popoli, per quanto
dissenzienti gli uni dagli altri in materia di religione, pure siano
per convenire senza difficoltà nella professione di alcune dottrine,
come su un comune fondamento di vita spirituale. Perciò sono soliti
indire congressi, riunioni, conferenze, con largo intervento di
pubblico, ai quali sono invitati promiscuamente tutti a discutere:
infedeli di ogni gradazione, cristiani, e persino coloro che
apostatarono da Cristo o che con ostinata pertinacia negano la
divinità della sua Persona e della sua missione. Non possono certo
ottenere l’approvazione dei cattolici tali tentativi fondati sulla
falsa teoria che suppone buone e lodevoli tutte le religioni, in
quanto tutte, sebbene in maniera diversa, manifestano e significano
egualmente quel sentimento a tutti congenito per il quale ci sentiamo
portati a Dio e all’ossequente riconoscimento del suo dominio.
Orbene, i seguaci di siffatta teoria, non soltanto sono nell’inganno
e nell’errore, ma ripudiano la vera religione depravandone il
concetto e svoltano passo passo verso il naturalismo e l’ateismo…".
Col senno di poi,
possiamo dire che Pio XI aveva ragione, anche solo sul piano della
mera opportunità: quale è stato, infatti, l’effetto di "Assisi
1986", nonostante le giuste dichiarazioni di papa Giovanni Paolo
II, volte ad impedirne una simile interpretazione?
Qual è il messaggio che
hanno rilanciato talvolta gli stessi organizzatori, i media, ed anche
non pochi ecclesiastici modernisti, ansiosi di ribaltare la
Tradizione della Chiesa?
Ciò che è passato,
presso moltissimi cristiani, tramite le immagini, che sono sempre le
più evocative, e tramite i giornali e le tv, è molto chiaro: il
relativismo religioso, che è poi l’equivalente dell’ateismo.
Se tutti pregano
"insieme", hanno concluso in tanti, allora le religioni
sono tutte "uguali": ma se così è, significa che nessuna
di esse è quella vera.
A quell’epoca, Voi,
cardinale e prefetto della Congregazione della Fede, insieme al
cardinal Giacomo Biffi e a tanti altri, foste tra coloro che
espressero forti perplessità. Per questo, negli anni successivi, non
partecipaste mai alle repliche proposte ogni anno dalla Comunità di
Sant’Egidio.
Infatti, come Voi avete
scritto in "Fede, Verità e Tolleranza. Il cristianesimo e le
religioni del mondo" (Cantagalli, 2005), proprio criticando
l’ecumenismo indifferentista, al cattolico "deve risultare
nettamente che non esistono ‘le religioni’ in generale, che non
esiste una comune idea di Dio e una comune fede in Lui, che la
differenza non tocca unicamente l'ambito della immagini e delle forme
concettuali mutevoli, ma le stesse scelte ultime..".
Voi concordate
perfettamente, dunque, con Leone XIII e con Pio XI sul pericolo di
contribuire, con gesti come quelli di "Assisi 1986", al
sincretismo ed all’indifferentismo religioso.
Rischio messo in luce
anche dai padri conciliari del Vaticano II, che in Unitatis
Redintegratio, a proposito, si badi bene, dell’ecumenismo non
con le altre religioni, ma con gli altri "cristiani",
invitavano alla prudenza: "Tuttavia la comunicazione nelle cose
sacre non la si deve considerare come un mezzo da usarsi
indiscriminatamente per il ristabilimento dell’unità dei
cristiani…"Voi avete insegnato, in questi anni, non sempre
compreso neppure dai cattolici, che il dialogo avviene e può
avvenire non tra diverse teologie, ma tra diverse culture; non tra le
Fedi, ma tra gli uomini, alla luce di ciò che tutti ci
contraddistingue: la ragione umana.
Senza ricreare l’antico
Pantheon pagano; senza che l’integrità della Fede venga messa a
repentaglio dall’amore per il compromesso teologico; senza che la
Rivelazione, che non è nostra, venga rimaneggiata dagli uomini e dai
teologi intenti a conciliare l’inconciliabile; senza che Cristo,
"segno di contraddizione", debba essere messo sullo stesso
piano di Budda o di Confucio, che tra il resto non dissero mai di
essere Dio.
Per questo siamo qui a
esporVi la nostra preoccupazione.
Temiamo che qualsiasi
cosa Voi direte, tv, giornali e tanti cattolici interpreteranno alla
luce del passato e dell’indifferentismo imperante; che qualsiasi
cosa affermerete, l’evento sarà letto come la continuazione della
manipolazione della figura di Francesco, trasformato, dagli
ecumenisti odierni, in un irenista e in un sincretista senza fede.
Sta già succedendo…
Abbiamo paura che
qualsiasi cosa Voi direte, per fare chiarezza, i fedeli semplici,
come siamo anche noi, in tutto il mondo non vedranno (e non gli sarà
fatto vedere, ad esempio in tv) altro che un fatto: il vicario di
Cristo non che parla, discute, dialoga con i rappresentanti di altre
religioni, ma che prega con loro. Come se il modo e l’obiettivo
della preghiera fossero indifferenti.
E molti, sbagliando,
penseranno che anche la Chiesa ormai ha capitolato, ed ha
riconosciuto, in sintonia con la mentalità New Age, che pregare
Cristo, Allah, Budda o Manitù sia la stessa cosa. Che la poligamia
islamica e animista, le caste induiste o lo spiritismo politeista
animista… possano stare insieme alla monogamia cristiana, alla
legge dell’amore e del perdono ed al Dio Uno e Trino.
Ma come Voi avete sempre scritto, nel libro citato: "Con l’indifferenziazione delle religioni e con l’idea che esse siano tutte sì distinguibili, e tuttavia propriamente uguali, non si avanza". Santo Padre, noi pensiamo che con una nuova "Assisi 1986" nessun cristiano in terre d’Oriente verrà salvato: né nella Cina comunista, né in Corea del nord, né in Pakistan o in Iraq…tanti fedeli, invece, non capiranno più perché proprio in quei paesi c’è ancora oggi chi muore martire per non rinnegare il suo incontro non con una religione, ma con Cristo. Come sono morti gli stessi apostoli.
Di fronte alla
persecuzione, ci sono vie politiche, diplomatiche, dialoghi personali
e di Stato: si seguano tutte, nel modo migliore possibile. Con la
Vostra amorevolezza e il Vostro desiderio di pace per tutti gli
uomini.
Ma senza che sia
possibile a chi vuole confondere le acque e rilanciare il relativismo
religioso, anticamera di ogni relativismo, una opportunità, anche
mediatica, così ghiotta come la "riedizione" di "Assisi
1986".
Con devozione filiale
Francesco Agnoli
Lorenzo Bertocchi
Roberto de Mattei
Corrado Gnerre
Alessandro Gnocchi
Camillo Langone
Mario Palmaro
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