Erich Priebke (Hennigsdorf, 29 luglio 1913 – Roma, 11 ottobre 2013)
L'intervista
testamento di Erich Priebke nella ricorrenza dei suoi 100 anni:
"Le camere
a gas non c'erano, solo cucine" L'Ex Capitano delle SS
condannato per la fucilazione di 335 civili e militari a Roma nega
l'olocausto "Prove costruite dagli Americani" Non fa nessun
accenno alle Fosse Ardeatine. "Nei campi le camere a gas non si sono
mai trovate, salvo quella costruita a guerra finita dagli Americani a
Dachau".
D.
Sig. Priebke, anni addietro lei ha dichiarato che non rinnegava il
suo passato. Con i suoi cento anni di età lo pensa ancora?
R.
Sì.
D.
Cosa intende esattamente con questo?
R.
Che ho scelto di essere me stesso.
D.
Quindi ancora oggi lei si sente nazista.
R.
La fedeltà al proprio passato è qualche cosa che ha a che fare con
le nostre convinzioni. Si tratta del mio modo di vedere il
mondo, i miei ideali, quello che per noi tedeschi fu la
Weltanschauung e ancora ha a che fare con il senso dell’amor
proprio e dell’onore. La politica è un’altra questione. Il
Nazionalsocialismo è scomparso con la sconfitta, e oggi non avrebbe
comunque nessuna possibilità di tornare.
D.
Della visione del mondo di cui lei parla fa parte anche
l’antisemitismo.
R.
Se le sue domande sono mirate a conoscere la verità è necessario
abbandonare i luoghi comuni:
criticare
non vuol dire che si vuole distruggere qualcuno. In Germania sin dai
primi del Novecento si criticava apertamente il comportamento degli
ebrei. Il fatto che gli ebrei avessero accumulato nelle loro mani un
immenso potere economico e di conseguenza politico, pur
rappresentando una parte in proporzione assolutamente esigua della
popolazione mondiale, era considerato ingiusto. E’ un fatto che
ancora oggi, se prendiamo le mille persone più ricche e potenti del
mondo, dobbiamo constatare che una notevole parte di loro sono ebrei,
banchieri o azionisti di maggioranza di imprese multinazionali. In
Germania poi, specialmente dopo la sconfitta della prima guerra
mondiale e l’ingiustizia dei trattati di Versailles, immigrazioni
ebraiche dall’est europeo avevano provocato dei veri disastri, con
l’accumulo di immensi capitali da parte di questi immigrati in
pochi anni, mentre con la repubblica di Weimar la grande maggioranza
del popolo tedesco viveva in forte povertà. In quel clima gli usurai
si arricchivano e il senso di frustrazione nei confronti degli ebrei
cresceva.
Erich Priebke in servizio presso
l'ambasciata tedesca di Roma
|
D.
Quella che gli ebrei abbiano praticato l’usura ammessa dalla loro
religione, mentre veniva proibita ai cristiani, è una vecchi storia.
Cosa c’è di vero secondo lei?
R.
Infatti non è certo una mia idea. Basta leggere Shakespeare o
Dostoevskij per capire che simili problemi con gli ebrei sono
storicamente effettivamente esistiti, da Venezia a San Pietroburgo.
Questo non vuole assolutamente dire che gli unici usurai all’epoca
fossero gli ebrei. Ho fatto mia una frase del poeta Ezra Pound: ”Tra
uno strozzino ebreo e uno strozzino orfano non vedo nessuna
differenza”.
D.
Per tutto questo lei giustifica l’antisemitismo?
R.
No, guardi, questo non significa che tra gli ebrei non ci siano
persone perbene. Ripeto, antisemitismo vuol dire odio, odio
indiscriminato. Io anche in questi ultimi anni della mia
persecuzione, da vecchio, privato della libertà ho sempre rifiutato
l’odio. Non ho mai voluto odiare nemmeno chi mi ha odiato. Parlo
solo di diritto di critica e ne sto spiegando i motivi. E le dirò di
più: deve considerare che, per loro particolari motivi religiosi,
una grossa parte di ebrei si considerava superiore a tutti gli altri
esseri umani. Si immedesimava nel “Popolo Eletto da Dio” della
Bibbia.
D.
Anche Hitler parlava della razza ariana come superiore.
R.
Sì, Hitler è caduto anche lui nell’equivoco di rincorrere questa
idea di superiorità. Questa è stata una delle cause di errori senza
ritorno. Tenga conto comunque che un certo razzismo era la normalità
in quegli anni. Non solo a livello di mentalità popolare, ma anche a
livello di governi e addirittura di ordinamenti giuridici. Gli
Americani, dopo aver deportato le popolazioni africane ed essere
stati schiavisti, continuavano a essere razzisti, e di fatto
discriminavano i neri. Le prime leggi, definite razziali, di Hitler
non limitavano i diritti degli ebrei più di quanto fossero limitati
quelli dei neri in diversi stati USA. Stessa cosa per le popolazioni
dell’India da parte degli inglesi; e i francesi, che non si sono
comportati molto diversamente con i cosiddetti sudditi delle loro
colonie. Non parliamo poi del trattamento subìto all’epoca dalle
minoranze etniche nell’ex URSS.
D.
E quindi come sono andate peggiorando in Germania le cose, secondo
lei?
R.
Il conflitto si è radicalizzato, è andato crescendo. Gli ebrei
tedeschi, americani, inglesi e l’ebraismo mondiale da un lato,
contro la Germania che stava dall’altro. Naturalmente gli ebrei
tedeschi si sono venuti a trovare in una posizione sempre più
difficile. La successiva decisione di promulgare leggi molto dure
resero in Germania la vita veramente difficile agli ebrei. Poi nel
novembre del 1938 un ebreo, un certo Grynszpan, per protesta contro
la Germania uccise in Francia un consigliere della nostra ambasciata,
Ernest von Rath. Ne seguì la famosa “Notte dei cristalli’”.
Gruppi di dimostranti ruppero in tutto il Reich le vetrine dei negozi
di proprietà degli ebrei. Da allora gli ebrei furono considerati
solo e soltanto come nemici. Hitler dopo aver vinto le elezioni, li
aveva in un primo tempo incoraggiati in tutti i modi a lasciare la
Germania.
Successivamente,
nel clima di forte sospetto nei confronti degli ebrei tedeschi,
causato dalla guerra e di boicottaggio e di aperto conflitto con le
più importanti organizzazioni ebraiche mondiali, li rinchiuse nei
lager, proprio come nemici. Certo per molte famiglie, spesso senza
alcuna colpa, questo fu rovinoso.
D.
La colpa quindi di ciò che gli ebrei hanno subìto secondo lei
sarebbe degli ebrei stessi?
R.
La colpa è un po’ di tutte le parti. Anche degli alleati che
scatenarono la seconda guerra mondiale contro la Germania, a seguito
della invasione della Polonia, per rivendicare territori dove la
forte presenza tedesca era sottoposta a continue vessazioni.
Territori posti dal trattato di Versailles sotto il controllo del
neonato Stato polacco. Contro la Russia di Stalin e la sua invasione
della restante parte della Polonia nessuno mosse un dito. Anzi, a
fine conflitto, ufficialmente nato per difendere proprio
l’indipendenza della Polonia dai tedeschi, fu regalato senza tanti
complimenti tutto l’est europeo, Polonia compresa, a Stalin.
D.
Quindi, politica a parte, lei sposa le teorie storiche revisioniste.
R.
Non capisco perfettamente cosa si intenda per revisionismo. Se
parliamo del processo di Norimberga del 1945 allora posso dirle che
fu una cosa incredibile, un grande palcoscenico creato a posta per
disumanizzare di fronte all’opinione pubblica mondiale il popolo
tedesco e i suoi capi. Per infierire sullo sconfitto oramai
impossibilitato a difendersi.
D.
Su quali basi afferma questo?
R.
Cosa si può dire di un autonominatosi tribunale che giudica solo i
crimini degli sconfitti e non quelli dei vincitori; dove il vincitore
è al tempo stesso pubblica accusa, giudice e parte lesa e dove gli
articoli di reato erano stati appositamente creati successivamente ai
fatti contestati, proprio per condannare in modo retroattivo? Lo
stesso presidente americano Kennedy ha condannato quel processo
definendolo una cosa “disgustosa”, in quanto “si erano violati
i princìpi della costituzione americana per punire un avversario
sconfitto”.
D.
Se intende dire che il reato di crimini contro l’umanità con cui
si è condannato a Norimberga non esisteva prima che fosse contestato
proprio da quel tribunale internazionale, c’è da dire in ogni caso
che le accuse riguardavano fatti comunque terribili.
R.
A Norimberga i tedeschi furono accusati della strage di Katyn, poi
nel 1990 Gorbaciov ammise che erano stati proprio loro stessi russi
accusatori, ad uccidere i ventimila ufficiali polacchi con un colpo
alla nuca nella foresta di Katyn. Nel 1992 il presidente russo Eltsin
produsse anche il documento originale contenente l’ordine firmato
da Stalin. I tedeschi furono anche accusati di aver fatto sapone con
gli ebrei. Campioni di quel sapone finirono nei musei USA, in Israele
e in altri Paesi. Solo nel 1990 un professore della università di
Gerusalemme studiò i campioni dovendo infine ammettere che si
trattava di un imbroglio.
D.
Sì, ma i campi di concentramento non sono un’invenzione dei
giudici di Norimberga.
R.
In quegli anni terribili di guerra, rinchiudere nei lager (in
italiano sono i campi di concentramento) popolazioni civili che
rappresentavano un pericolo per la sicurezza nazionale era una cosa
normale. Nell’ultimo conflitto mondiale l’hanno fatto sia i russi
che gli USA. Questi ultimi in particolare con i cittadini americani
di origine orientale.
D.
In America, però, nei campi di concentramento per le popolazioni di
etnia giapponese non c’erano le camere a gas!
R.
Come le ho detto, a Norimberga sono state inventate una infinità di
accuse, Per quanto riguarda quella che nei campi di concentramento vi
fossero camere a gas aspettiamo ancora le prove. Nei campi i detenuti
lavoravano. Molti uscivano dal lager per il lavoro e vi facevano
ritorno la sera. II bisogno di forza lavoro durante la guerra è
incompatibile con la possibilità che allo stesso tempo, in qualche
punto del campo, vi fossero file di persone che andavano alla
gasazione. L’attività di una camera a gas è invasiva
nell’ambiente, terribilmente pericolosa anche al suo esterno,
mortale. L’idea di mandare a morte milioni di persone in questo
modo, nello stesso luogo dove altri vivono e lavorano senza che si
accorgano di nulla è pazzesca, difficilmente realizzabile anche sul
piano pratico.
D.
Ma lei quando ha sentito parlare per la prima volta del piano di
sterminio degli ebrei e delle camere a gas?
R.
La prima volta che ho sentito di cose simili la guerra era finita, e
io mi trovavo in un campo di concentramento
inglese, ero insieme a Walter Rauff. Rimanemmo entrambi allibiti. Non
potevamo assolutamente
credere a fatti così orribili: camere a gas per sterminare uomini,
donne e bambini. Se ne parlò con il colonnello Rauff e con gli altri
colleghi per giorni. Nonostante fossimo tutti SS, ognuno al nostro
livello con una particolare posizione nell’apparato
nazionalsocialista, mai a nessuno di noi erano giunte alle orecchie
cose simili. Pensi
che anni e anni dopo venni a sapere che il mio amico e superiore
Walter Rauff, che aveva diviso con me anche qualche pezzo di pane
duro nel campo di concentramento, veniva accusato di essere
l’inventore di un fantomatico autocarro di gasazione. Cose di
questo genere le può pensare solo chi non ha conosciuto Walter
Rauff.
D.
E tutte le testimonianze della esistenza delle camere a gas?
R.
Nei campi le camere a gas non si sono mai trovate, salvo quella
costruita a guerra finita dagli Americani a Dachau. Testimonianze che
si possono definire affidabili sul piano giudiziario o storico a
proposito delle camere a gas non ce ne sono; a cominciare da quelle
di alcuni degli ultimi comandanti e responsabili dei campi, come per
esempio quella del più noto dei comandanti di Auschwitz , Rudolf
Höss. A parte le grandi contraddizioni della sua testimonianza,
prima di deporre a Norimberga fu torturato e dopo la testimonianza
per ordine dei russi gli tapparono la bocca impiccandolo. Per questi
testimoni, ritenuti preziosi dai vincitori, le violenze fisiche e
morali in caso di mancanza di condiscendenza erano insopportabili; le
minacce erano anche di rivalsa sui familiari. So per l’esperienza
personale della mia prigionia e quella dei miei colleghi, come, da
parte dei vincitori, venivano estorte nei campi di concentramento le
confessioni ai prigionieri, i
quali
spesso non conoscevano nemmeno la lingua inglese. Poi il trattamento
riservato ai prigionieri nei campi russi della Siberia oramai è cosa
nota, si doveva firmare qualunque tipo di confessione richiesta; e
basta.
D.
Quindi per lei quei milioni di morti sono un’invenzione.
R.
Io ho conosciuto personalmente i lager. L’ultima volta sono stato a
Mauthausen nel maggio del 1944 a interrogare il figlio di Badoglio,
Mario, per ordine di Himmler. Ho girato quel campo in lungo e in
largo per due giorni. C’erano immense cucine in funzione per gli
internati e all’interno anche un bordello per le loro esigenze.
Niente camere a gas. Purtroppo tanta gente è morta nei campi, ma non
per una volontà assassina. La guerra, le condizioni di vita dure, la
fame, la mancanza di cure adeguate si sono risolti spesso in un
disastro. Però queste tragedie dei civili erano all’ordine del
giorno non solo nei campi ma in tutta la Germania, soprattutto a
causa dei bombardamenti indiscriminati delle città.
D.
Quindi lei minimizza la tragedia degli ebrei: l’Olocausto?
R.
C’è poco da minimizzare: una tragedia è una tragedia. Si pone
semmai un problema di verità storica. I vincitori del secondo
conflitto mondiale avevano interesse a che non si dovesse chiedere
conto dei loro crimini. Avevano raso al suolo intere città tedesche,
dove non vi era un solo soldato, solo per uccidere donne, bambini e
vecchi e così fiaccare la volontà di combattere del loro nemico.
Questa sorte è toccata ad Amburgo, Lubecca, Berlino, Dresda e tante
altre città. Approfittavano della superiorità dei loro bombardieri
per uccidere i civili impunemente e con folle spietatezza. Poi è
toccato alla popolazione di Tokyo e infine con le atomiche ai civili
di Nagasaki e Hiroshima. Per questo era necessario inventare dei
particolari crimini commessi dalla Germania e reclamizzarli tanto da
presentare i tedeschi come creature del male e tutte le altre
sciocchezze: soggetti da romanzo dell’orrore su cui Hollywood ha
girato centinaia di film.
Del
resto da allora il metodo dei vincitori della seconda guerra mondiale
non è molto cambiato: a sentire loro esportano la democrazia con
cosiddette missioni di pace contro le canaglie, descrivono terroristi
che si sono macchiati di atti sempre mostruosi, inenarrabili. Ma in
pratica attaccano soprattutto con l’aviazione chi non si
sottomette. Massacrano militari e civili che non hanno i mezzi per
difendersi. Alla fine, tra un intervento umanitario e l’altro nei
vari Paesi, mettono sulle poltrone dei governi dei burattini che
assecondano i loro interessi economici e politici.
Erich Priebke intervista nella ricorrenza dei suoi 100 anni |
D.
Ma allora certe prove inoppugnabili come filmati e fotografie dei
lager come le spiega?
R.
Quei filmati sono un’ulteriore prova della falsificazione:
Provengono quasi tutti dal campo di Bergen Belsen. Era un campo dove
le autorità tedesche inviavano da altri campi gli internati inabili
al lavoro. Vi era all’interno anche un reparto per convalescenti.
Già questo la dice lunga sulla volontà assassina dei tedeschi.
Sembra strano che in tempo di guerra si sia messo in piedi una
struttura per accogliere coloro che invece si volevano gasare. I
bombardamenti alleati nel 1945 hanno lasciato quel campo senza
viveri, acqua e medicinali. Si è diffusa un’epidemia di tifo
petecchiale che ha causato migliaia di malati e morti. Quei filmati
risalgono proprio a quei fatti, quando il campo di accoglienza di
Bergen Belsen devastato dall’epidemia, nell’aprile 1945, era
ormai nelle mani degli alleati. Le riprese furono appositamente
girate, per motivi propagandistici, dal regista inglese Hitchcock, il
maestro dell’horror. E’ spaventoso il cinismo, la mancanza di
senso di umanità con cui ancora oggi si specula con quelle immagini.
Proiettate per anni dagli schermi televisivi, con sottofondi musicali
angoscianti, si è ingannato il pubblico associando, con spietata
astuzia,
quelle scene terribili alle camere a gas, con cui non avevano invece
nulla a che fare. Un falso!
D.
II motivo di tutte queste mistificazioni, secondo lei, sarebbe
coprire i propri crimini da parte dei
vincitori?
R.
In un primo tempo fu così. Un copione uguale a Norimberga fu
inventato anche dal Generale McArthur in Giappone con il processo di
Tokyo. In quel caso per impiccare si escogitarono altre storie e
altri crimini. Per criminalizzare i giapponesi che avevano subìto la
bomba atomica, si inventarono all’epoca persino accuse di
cannibalismo.
D.
Perché in un primo tempo?
R.
Perché successivamente la letteratura sull’Olocausto è servita
soprattutto allo stato di Israele per due motivi. Il primo è
chiarito bene da uno scrittore ebreo figlio di deportati: Norman
Finkelstein. Nel suo libro “L’industria dell’Olocausto”
spiega come questa industria abbia portato, attraverso una campagna
di rivendicazioni, risarcimenti miliardari nelle casse di istituzioni
ebraiche e in quelle dello stato di Israele. Finkelstein parla di “un
vero e proprio racket di estorsioni”. Per quanto riguarda il
secondo punto, lo scrittore Sergio Romano, che non è certo un
revisionista, spiega che, dopo la “guerra del Libano”, lo stato
di Israele ha capito che incrementare ed enfatizzare la drammaticità
della “letteratura sull’Olocausto” gli avrebbe portato vantaggi
nel suo contenzioso territoriale con gli arabi e “una sorta di semi
immunità diplomatica”.
D.
In tutto il mondo si parla dell’Olocausto come sterminio, lei ha
dei dubbi o lo nega recisamente?
R.
I mezzi di propaganda di chi oggi detiene il potere globale sono
inarginabili. Attraverso una sottocultura storica appositamente
creata e divulgata da televisione e cinematografia, si sono
manipolate le coscienze, lavorando sulle emozioni. In particolare le
nuove generazioni, a cominciare dalla scuola, sono state sottoposte
al lavaggio del cervello, ossessionate con storie macabre per
assoggettarne la libertà di giudizio.
Come
le ho detto, siamo da quasi 70 anni in attesa delle prove dei
misfatti contestati al popolo tedesco. Gli storici non hanno trovato
un solo documento che riguardasse le camere a gas. Non un ordine
scritto, una relazione o un parere di un’istituzione tedesca, un
rapporto degli addetti. Nulla di nulla.
Nell’assenza
di documenti, i giudici di Norimberga hanno dato per scontato che il
progetto che si intitolava “Soluzione finale del problema ebraico”
allo studio nel Reich, che vagliava le possibilità territoriali di
allontanamento degli ebrei dalla Germania e successivamente dai
territori occupati, compreso il possibile trasferimento in
Madagascar, fosse un codice segreto di copertura che significava il
loro sterminio. E’ assurdo! In piena guerra, quando eravamo ancora
vincitori sia in Africa che in Russia, gli ebrei, che erano stati in
un primo tempo semplicemente incoraggiati, vennero poi fino al 1941
spinti in tutti i modi a lasciare autonomamente la Germania. Solo
dopo due anni dall’inizio della guerra cominciarono i provvedimenti
restrittivi della loro libertà.
D.
Ammettiamo allora che le prove di cui lei parla vengano fuori. Parlo
di un documento firmato da Hitler o da un altro gerarca. Quale
sarebbe la sua posizione?
R.
La mia posizione è di condanna tassativa per fatti del genere. Tutti
gli atti di violenza indiscriminata contro le comunità, senza che si
tenga conto delle effettive responsabilità individuali, sono
inaccettabili, assolutamente da condannare. Quello che è successo
agli indiani d’America, ai kulaki in Russia, agli italiani
infoibati in Istria, agli armeni in Turchia, ai prigionieri tedeschi
nei campi di concentramento americani in Germania e in Francia, così
come in quelli russi, i primi lasciati morire di stenti volutamente
dal presidente americano Eisenhower, i secondi da Stalin. Entrambi i
capi di Stato non rispettarono volutamente la convenzione di Ginevra
per infierire fino alla tragedia. Tutti episodi, ripeto, da
condannare senza mezzi termini, comprese le persecuzioni fatte dai
tedeschi a danno degli ebrei; che indubbiamente ci sono state. Quelle
reali però, non quelle inventate per propaganda.
D.
Lei ammette quindi la possibilità che queste prove, sfuggite a una
eventuale distruzione fatta dai tedeschi alla fine del conflitto,
potrebbero un giorno venir fuori?
R.
Le ho già detto che certi fatti vanno condannati in assoluto.
Quindi, se poniamo anche solo per assurdo che un domani si dovessero
trovare prove su queste camere a gas, la condanna di cose così
orribili, di chi le ha volute e di chi le ha usate per uccidere,
dovrebbe essere indiscussa e totale. Vede, in questo senso ho
imparato che nella vita le sorprese possono non finire mai. In questo
caso però credo di poterle escludere con certezza, perché per quasi
sessanta anni i documenti tedeschi, sequestrati dai vincitori della
guerra, sono stati esaminati e vagliati da centinaia e centinaia di
studiosi, sicché, ciò che non è emerso finora difficilmente potrà
emergere in futuro.
Per
un altro motivo devo poi ritenerlo estremamente improbabile, e le
spiego il perché: a guerra già avanzata, i nostri avversari avevano
cominciato a insinuare sospetti su attività omicide nei Lager. Parlo
della dichiarazione interalleata dei dicembre 1942, in cui si diceva
genericamente di barbari crimini della Germania contro gli ebrei e si
prevedeva la punizione dei colpevoli. Poi, alla fine del 1943, ho
saputo che non si trattava di generica propaganda di guerra, ma che
addirittura i nostri nemici pensavano di fabbricare false prove su
questi crimini. La prima notizia la ebbi dal mio compagno di corso, e
grande amico, Capitano Paul Reinicke, che passava le sue giornate a
contatto con il numero due del governo tedesco, il Reichsmarschall
Goering: era il suo capo scorta. L’ultima volta che lo vidi mi
riferì del progetto di vere e proprie falsificazioni. Goering era
furibondo per il fatto che riteneva queste mistificazioni infamanti
agli occhi del mondo intero. Proprio Goering, prima di suicidarsi,
contestò violentemente di fronte al tribunale
di
Norimberga la produzione di prove falsificate.
Un
altro accenno lo ebbi successivamente dal capo della polizia Ernst
Kaltenbrunner, l’uomo che aveva sostituito Heydrich dopo la sua
morte e che fu poi mandato alla forca a seguito del verdetto di
Norimberga. Lo vidi verso la fine della guerra per riferirgli le
informazioni raccolte sul tradimento dei Re Vittorio Emanuele. Mi
accennò che i futuri vincitori erano già all’opera per costruire
false prove di crimini di guerra ed altre efferatezze che avrebbero
inventato sui lager a riprova della crudeltà tedesca. Stavano già
mettendosi d’accordo sui particolari di come inscenare uno speciale
giudizio per i vinti.
Soprattutto
però ho incontrato nell’agosto 1944 il diretto collaboratore del
generale Kaltenbrunner, il capo della Gestapo, generale Heinrich
Müller. Grazie a lui ero riuscito a frequentare il corso allievi
ufficiali. A lui dovevo molto e lui era affezionato a me. Era venuto
a Roma per risolvere un problema personale del mio comandante, ten.
colonnello Herbert Kappler. In quei giorni la quinta armata americana
stava per sfondare a Cassino, i russi avanzavano verso la Germania.
La guerra era già inesorabilmente persa. Quella sera mi chiese di
accompagnarlo in albergo. Essendoci un minimo di confidenza mi
permisi di chiedergli maggiori dettagli sulla questione. Mi disse che
tramite l’attività di spionaggio si aveva avuto conferma che il
nemico, in attesa della vittoria finale, stava tentando di fabbricare
le prove di nostri crimini per mettere in piedi un giudizio
spettacolare di criminalizzazione della Germania una volta sconfitta.
Aveva notizie precise ed era seriamente preoccupato. Sosteneva che di
questa gente non c’era da fidarsi, perché non avevano senso
dell’onore né scrupoli. Allora ero giovane e non diedi il giusto
peso alle sue parole, ma le cose poi di fatto andarono proprio come
il generale Müller mi aveva detto. Questi sono gli uomini, i
gerarchi, che secondo quanto oggi si dice avrebbero dovuto pensare e
organizzare lo sterminio degli ebrei con le camere a gas! Lo
considererei ridicolo, se non si trattasse di fatti tragici.
Per
questo quando gli americani nel 2003 hanno aggredito l’Iraq con la
scusa che possedeva “armi di distruzione di massa”, con tanto di
falso giuramento di fronte al consiglio di sicurezza dell’ONU del
Segretario di stato Powel, proprio loro che quelle armi erano stati
gli unici a usarle in guerra, io mi sono detto: niente di nuovo!
D.
Lei da cittadino tedesco sa che alcune leggi in Germania, Austria,
Francia, Svizzera puniscono con il carcere chi nega I’Olocausto?
R.
Sì, i poteri forti mondiali le hanno imposte e tra poco le
imporranno anche in Italia. L’inganno sta proprio nel far credere
alla gente che chi, per esempio, si oppone al colonialismo israeliano
e al sionismo in Palestina sia antisemita; chi si permette di
criticare gli ebrei sia sempre e comunque antisemita; chi osa
chiedere le prove della esistenza di queste camere a gas nei campi di
concentramento, è come se approvasse una idea di sterminio degli
ebrei. Si tratta di una falsificazione vergognosa. Proprio queste
leggi dimostrano la paura che la verità venga a galla. Ovviamente si
teme che dopo la campagna propagandistica fatta di emozioni, gli
storici si interroghino sulle prove, gli studiosi si rendano conto
delle mistificazioni. Proprio queste leggi apriranno gli occhi a chi
ancora crede nella libertà di pensiero e nella importanza della
indipendenza nella ricerca storica.
Certo,
per quello che ho detto posso essere incriminato, la mia situazione
potrebbe addirittura ancora peggiorare ma dovevo raccontare le cose
come sono realmente state, il coraggio della sincerità era un dovere
nei confronti del mio Paese, un contributo nel compimento dei miei
cento anni per il riscatto e la dignità del mio popolo.
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