Soltanto
tre settimane or sono ero qui per leggere la dichiarazione del Führer
per il 10° anniversario della presa del potere e per parlare a voi e
al popolo tedesco. La crisi che ora stiamo affrontando sul Fronte
Orientale era al proprio apice. Nel pieno della gravi sventure che la
Nazione affrontava nella battaglia sul Volga, ci siamo raccolti in un
raduno di massa, il 30 gennaio, per mostrare la nostra unità, la
nostra unanimità e la nostra ferma volontà di vincere le difficoltà
che fronteggiavamo nel quarto anno di guerra. Fu per me un’esperienza
commovente e probabilmente lo fu per tutti voi, essere collegati via
radio con gli ultimi, eroici combattenti a Stalingrado durante il
nostro possente raduno, qui allo Sportpalast. Essi ci comunicarono
che avevano ascoltato il proclama del Führer e forse per l’ultima
volta nella vita si univano a noi con le braccia tese per intonare
gli inni nazionali. Quale esempio hanno rappresentato i soldati
tedeschi in questa grande epoca! E che obblighi ciò impone a noi
tutti, in particolare all’intera madrepatria tedesca! Stalingrado è
stata ed è il grande monito del destino alla Nazione tedesca!
Joseph Paul Goebbels |
Una
Nazione che ha la forza di sopravvivere ad un tale disastro e
vincere, ed in più trarne forza ulteriore, è imbattibile. Nel mio
discorso a voi e al popolo tedesco io ricorderò gli eroi di
Stalingrado, che hanno lasciato a me e a voi tutti un immenso dovere
da compiere. Io non so quanti milioni di persone mi stanno ascoltando
stanotte alla radio, a casa e al fronte. Voglio parlare a tutti voi
dal profondo del mio cuore ai vostri cuori. Io credo che l’intero
popolo tedesco abbia un appassionato interesse per ciò che ho da
dire stanotte. Perciò parlerò con sacra serietà e franchezza, come
il momento esige. Il popolo tedesco, risvegliato, istruito e
disciplinato dal Nazionalsocialismo, può sopportare tutta la verità.
Esso è conscio della serietà della situazione e la sua leadership
perciò può chiedergli le dure misure necessarie; sì! perfino i
provvedimenti più energici. Noi tedeschi siamo agguerriti contro la
debolezza e l’indecisione. I colpi e le sventure della guerra ci
danno solo una forza maggiore, una risoluta determinazione e una
volontà spirituale di combattere per vincere tutte le difficoltà e
gli ostacoli con impeto rivoluzionario. Questo non è il momento di
chiedersi come tutto ciò sia accaduto. Ciò può attendere un altro
momento, quando il popolo tedesco e il mondo intero apprenderanno la
verità intera sulla sfortuna delle ultime settimane, sul suo
profondo e fatale significato. Gli eroici sacrifici d’eroismo dei
nostri soldati a Stalingrado hanno avuto un vasto, storico
significato per l’intero Fronte Orientale. Non è stato invano. Il
futuro chiarirà perché. Se salto il passato per guardare avanti lo
faccio intenzionalmente. Il tempo è scarso! Non ne abbiamo per
dibattiti inutili. Dobbiamo agire, immediatamente, approfonditamente
e con decisione, alla maniera Nazionalsocialista di sempre. Il
movimento, fin dagli inizi, ha operato in questo modo per dominare le
molte crisi che affrontava e vincere. Anche lo Stato
Nazionalsocialista agiva con decisione quando era di fronte ad una
minaccia.
Noi non siamo come lo struzzo che caccia la testa nella
sabbia per non vedere il pericolo. Siamo sufficientemente coraggiosi
per guardare in faccia il pericolo, per prendere provvedimenti con
freddezza e durezza e quindi agire con decisione ed a testa alta. Sia
come movimento che come Nazione, abbiamo risposto al meglio quando
avevamo bisogno di volontà fanatiche e determinate a vincere ed
eliminare il pericolo, oppure di forza di carattere sufficiente a
sopraffare ogni ostacolo, o d’accanita determinazione per
raggiungere il nostro scopo, o d’un cuore d’acciaio in grado di
sostenere qualunque battaglia interna e esterna. Così sarà ora. Il
mio compito è di esporvi un’immagine cruda della situazione e di
trarre le durre conclusioni che guideranno le azioni del governo
tedesco, come del popolo tedesco. Noi stiamo affrontando una grave
sfida militare ad Est. La crisi, al momento, è ampia, simile per
molti versi ma non identica a quella dell’inverno scorso. Più
avanti ne discuteremo le cause. Adesso dobbiamo accettare le cose
come sono e scoprire e applicare i modi, e impiegare i mezzi per
svolgere le cose di nuovo a nostro favore. Non ha senso mettere in
discussione la serietà della situazione. Io non voglio darvi una
falsa impressione della situazione che potrebbe condurre a
conclusioni altrettanto ingannevoli, magari dando al popolo tedesco
una falso senso di sicurezza che è del tutto fuori luogo nella
situazione attuale.
Adolf Hitler e Joseph Paul Goebbels |
La tempesta che infuria dalle steppe contro il
nostro venerabile continente, quest’inverno sovrasta tutte le
precedenti esperienze umane e storiche. L’esercito tedesco ed i
suoi alleati sono l’unica difesa possibile. Nel suo proclama del 30
gennaio il Führer ha chiesto in un modo solenne e irresistibile cosa
sarebbe divenuta la Germania e l’Europa se, il 30 gennaio del 1933,
fosse andato al potere un governo borghese e democratico invece dei
Nazionalsocialisti! Quali pericoli ne sarebbero derivati, più
rapidamente di quanto avessimo potuto sospettare, e quali capacità
difensive avremmo avuto per affrontarli? Dieci anni di
Nazionalsocialismo sono stati sufficienti a rendere evidente al
popolo tedesco la serietà del pericolo rappresentato dal bolscevismo
all’Est. Ora si può comprendere perché noi parlavamo così di
frequente della lotta contro il bolscevismo ai nostri raduni di
Norimberga. Alzavamo le nostre voci per mettere in guardia il popolo
tedesco e il mondo, sperando di risvegliare i popoli d’Occidente
dalla paralisi della volontà e dello spirito in cui erano
precipitati. Abbiamo provato ad aprir loro gli occhi sul pericolo
orrendo del bolscevismo orientale, che ha assoggettato una nazione di
quasi 200 milioni di persone al terrore degli ebrei e che stava
preparando una guerra d’aggressione contro l’Europa. Quando il
Führer ordinò all’esercito l’attacco ad Est il 22 giugno 1941,
noi tutti sapevamo che questa sarebbe stata la battaglia decisiva
della nostra grande lotta. Conoscevamo i pericoli e le difficoltà.
Ma sapevamo anche che i pericoli e le difficoltà sarebbero cresciuti
col tempo e non diminuiti. Mancavano due minuti a mezzanotte.
Attendere ancora avrebbe senz’altro condotto alla distruzione del
Reich ed alla bolscevizzazione totale del continente europeo. E’
comprensibile che, come risultato delle vaste azioni fuorvianti e di
occultamento del governo bolscevico, noi non abbiamo valutato in modo
adeguato il potenziale bellico dell’Unione Sovietica. Soltanto
adesso ci rendiamo conto della sua dimensione reale. Questo è il
motivo per cui la battaglia che affrontano i nostri soldati ad Est
oltrepassa per durezza, pericoli e difficoltà ogni umana
immaginazione. Essa richiede la nostra completa potenza nazionale.
Questa è una minaccia per il Reich e per il continente europeo che
getta nell’ombra ogni pericolo precedente. Se falliamo, noi avremo
fallito la nostra missione storica. Tutto ciò che abbiamo costruito
e realizzato nel passato impallidisce di fronte a questo compito
gigantesco che affrontano direttamente l’esercito tedesco e meno
direttamente il popolo tedesco. Io parlo innanzitutto al mondo e
proclamo tre tesi per quanto riguarda la nostra lotta contro il
pericolo bolscevico all’Est. La prima: se l’esercito tedesco non
fosse in condizione di stroncare il pericolo dall’Est, il Reich
cadrebbe preda del bolscevismo e tutta l’Europa lo seguirebbe in
poco tempo. La seconda: soltanto l’esercito tedesco, il popolo
tedesco e i loro alleati hanno la forza di salvare l’Europa da
questa minaccia. La terza: il pericolo incombe. Dobbiamo agire
rapidamente e con decisione oppure sarà troppo tardi. Torno alla
prima tesi. Il bolscevismo ha sempre dichiarato apertamente la
propria meta: provocare la rivoluzione non soltanto in Europa ma nel
mondo intero e precipitarlo nel caos bolscevico. Questa meta è stata
evidente fin dalla nascita dell’Unione Sovietica bolscevica ed è
stato il fine ideologico e pratico della politica del Cremlino.
Evidentemente più Stalin e gli altri capi sovietici ritengono di
essere prossimi a realizzare i loro obiettivi di distruzione del
mondo più tentano di celarli e nasconderli. Non possiamo farci
ingannare. Noi non siamo come quegli animi timidi che attendono, come
fa il coniglio ipnotizzato finché il serpente non lo divora. Noi
preferiamo riconoscere il pericolo in tempo e compiere un’azione
efficace. Noi vediamo attraverso non solo l’ideologia del
bolscevismo, ma anche attraverso la sua azione; per questo, con esso,
abbiamo ottenuto grandi successi nelle lotte nazionali. Il Cremlino
non può ingannarci. Abbiamo al nostro attivo quattordici anni di
lotte per il potere e i dieci anni successivi, per smascherare le sue
intenzioni e i suoi inganni infami. La meta del bolscevismo è la
rivoluzione mondiale ebraica. Essi vogliono portare il caos nel Reich
e in Europa, utilizzando la disperazione conseguente per instaurare
la loro tirannia capitalista internazionale, mascherata di
bolscevismo. Non c’è bisogno che vi dica cosa ciò
rappresenterebbe per il popolo tedesco. La bolscevizzazione del Reich
sarebbe la liquidazione della nostra intera intellighenzia e della
Führung e la caduta dei nostri lavoratori nella schiavitù
giudaico-bolscevica. A Mosca loro trovano operai per i battaglioni di
lavori forzati nella tundra siberiana, come ha detto il Führer nel
suo proclama del 30 gennaio. La rivolta delle steppe si sta
preparando al fronte, e la tempesta dall’Est che ogni giorno
irrompe contro le nostre linee con forza crescente non è altro che
una ripetizione della devastazione storica che tanto spesso, in
passato, ha messo in pericolo la nostra parte del mondo. Quella è
una minaccia diretta all’esistenza di ogni potenza europea. Nessuno
pensi che il bolscevismo si fermerebbe ai confini del Reich, se
riuscisse vittorioso. La meta della sua politica aggressiva e delle
sue guerre è la bolscevizzazione di tutte le terre e tutti i popoli
al mondo. A dispetto di queste intenzioni innegabili, noi non ci
facciamo impressionare dalle dichiarazioni scritte del Cremlino o
dalle garanzie di Londra e Washington. Noi sappiamo che ad Est stiamo
affrontando una crudeltà politica infernale che non ammette le norme
che governano le relazioni fra i popoli e le nazioni. Quando, per
esempio, l’inglese Lord Beaverbrook sostiene che l’Europa
dev’essere lasciata in mani sovietiche, o quando il principale
giornalista ebreo americano, Brown, aggiunge cinicamente che la
bolscevizzazione dell’Europa potrebbe risolvere tutti i problemi
del continente, noi sappiamo cosa essi hanno in mente. Le potenze
europee stanno fronteggiando il problema più critico.
Joseph Paul Goebbels, 18 febbraio 1943 |
L’Occidente
è in pericolo. E non fa alcuna differenza se i governi e gli
intellettuali se ne rendono conto oppure no. Il popolo tedesco, in
ogni caso, non vuole rassegnarsi a questo pericolo. Dietro le
divisioni sovietiche che avanzano verso di noi vediamo i commando
ebraici liquidatori e dietro di loro il terrore, lo spettro della
fame di massa e della totale anarchia. L’ebraismo internazionale è
il fermento diabolico della decomposizione che prova una cinica
soddisfazione nel trascinare il mondo nel caos più profondo e nel
distruggere antiche culture nella cui edificazione non ha avuto ruolo
alcuno. Noi sappiamo anche qual è la nostra responsabilità storica.
Duemila anni di civiltà occidentale sono in pericolo. Non si può
sopravvalutare il pericolo. È indicativo che quando lo si smaschera
per ciò che è veramente, il giudaismo internazionale protesta a
gran voce in tutto il mondo. Le cose sono andate così lontano in
Europa che non si può definire il pericolo come tale quand’esso è
provocato dagli ebrei. Ciò non ci fermerà dal trarre le necessarie
conclusioni. Questo è quanto abbiamo fatto nelle nostre prime lotte
in Germania. Gli ebrei democratici del Berliner Tageblatt e del
Vossischen Zeitung servivano gli ebrei comunisti minimizzando e
sottovalutando un pericolo crescente, cullando nel sonno il nostro
popolo minacciato e riducendo la sua capacità di resistenza. Noi
vedremo, se il pericolo non sarà sopraffatto, lo spettro della fame,
la sofferenza ed il lavoro forzato per milioni di tedeschi. Vedremo
crollare la nostra veneranda parte del mondo e seppellire fra le
rovine l’antica eredità d’Occidente. Questo è il pericolo che
affrontiamo oggi. La mia seconda tesi: soltanto il Reich tedesco ed i
suoi alleati sono in grado di resistere a questo pericolo. Le nazioni
europee, compresa l’Inghilterra, ritengono di essere forti
abbastanza da resistere con efficacia alla bolscevizzazione
dell’Europa, se vi si dovesse giungere. Questa convinzione è
puerile e neppure meritevole di essere confutata. Se neanche il più
forte corpo militare al mondo è in grado di spezzare la minaccia del
bolscevismo, chi altro potrebbe farlo? (lo Sportpalast grida:
“Nessuno!”). Le nazioni europee neutrali non hanno né il
potenziale né i mezzi militari né la forza spirituale per opporre
neppure la più piccola resistenza al bolscevismo. Le divisioni
bolsceviche, che agiscono come automi, le rovescerebbero in pochi
giorni. Nelle capitali degli stati europei medi e più piccoli si
consolano con l’idea che bisogna essere armati spiritualmente
contro il bolscevismo (risate). Questo ci rammenta le dichiarazioni
dei partiti borghesi nel 1932, che pensavano di poter combattere e
vincere la battaglia contro il comunismo con le armi spirituali. Cosa
fin troppo stupida per valere la pena di una confutazione. Il
bolscevismo orientale non è solo una dottrina terroristica, è anche
una pratica terroristica. Esso si batte per i propri fini con
precisione infernale, utilizzando ogni risorsa a sua disposizione, a
dispetto del benessere, della prosperità o della pace dei popoli che
opprime implacabilmente. Cosa farebbero l’Inghilterra e l’America
se, nel peggiore dei casi, l’Europa cadesse in mani bolsceviche?
Forse Londra convincerebbe i bolscevichi a fermarsi sul Canale della
Manica? Ho già detto che il bolscevismo ha le proprie legioni
straniere sotto forma dei partiti comunisti in ogni nazione
democratica. Nessuno di questi stati può ritenersi immune dal
bolscevismo interno. In una recente elezione suppletiva per la Camera
dei Comuni, un candidato indipendente, cioè un comunista, ha
ottenuto 10.741 dei 22.371 voti espressi. E’ accaduto in un
distretto che, in altri tempi, era stato una roccaforte
conservatrice. In poco tempo 10.000 votanti, quasi la metà, sono
stati perduti a favore dei comunisti. Questa è la prova che il
pericolo bolscevico esiste anche in Inghilterra e che non scomparirà
semplicemente perché lo si ignora. Noi non riponiamo alcuna fiducia
in nessuna delle promesse territoriali che possa fare l’Unione
Sovietica. Il bolscevismo fissa dei confini sia ideologici che
militari che mettono in pericolo ogni nazione. Il mondo non ha altra
scelta che precipitare di nuovo nella sua vecchia frammentazione o
accettare un ordine nuovo per l’Europa sotto la guida dell’Asse.
L’unica alternativa, oggi, è tra vivere sotto la protezione
dell’Asse oppure in un’Europa bolscevica. Sono fermamente
convinto che i lamentosi lord e gli arcivescovi di Londra non hanno
la benché minima intenzione di resistere al pericolo bolscevico che
deriverebbe dall’entrata in Europa dell’esercito sovietico. Gli
ebrei hanno infettato così profondamente gli stati anglosassoni, sia
spiritualmente che politicamente, che essi non posseggono più la
capacità di vedere il pericolo. Esso si maschera da Bolscevismo in
Unione Sovietica e da capitalismo plutocratico negli stati
anglo-sassoni. La razza ebraica è pratica d’imitazioni. Loro
mettono a dormire i popoli che li ospitano, paralizzando le loro
capacità difensive. Il nostro intuito su questa questione ci ha
condotto presto alla consapevolezza che la cooperazione fra la
plutocrazia ed il bolscevismo internazionale non era una
contraddizione bensì il segno di profonde comunioni d’interessi.
La mano degli ebrei pseudo-civilizzati dell’Europa occidentale
stringe quella degli ebrei dei ghetti orientali sulla Germania.
L’Europa si trova in pericolo mortale. Non mi compiaccio di credere
che le mie osservazioni influenzeranno l’opinione pubblica degli
stati neutrali, men che meno quella degli stati nemici. Questo non è
né il mio fine né la mia intenzione. So che, dati i nostri problemi
sul Fronte dell’Est, domani la stampa inglese mi attaccherà
furiosamente con l’accusa di aver sondato il terreno per la pace
(risate). Non è affatto così. Nessuno in Germania pensa più ad un
vile compromesso. Il popolo tutto pensa soltanto ad uno strenuo
combattimento. Come portavoce della nazione che guida il continente,
tuttavia, rivendico il diritto di chiamare pericolo il pericolo sia
che esso minacci oppure no non soltanto la nostra terra ma l’intero
continente.
Noi Nazionalsocialisti abbiamo il dovere di dare
l’allarme contro il tentativo dell’Internazionale ebraica di
sprofondare nel caos il continente europeo e di ammonire che gli
ebrei hanno nel bolscevismo una potenza militare terroristica il cui
pericolo non può essere sottovalutato. La mia terza tesi è che il
pericolo è immediato. La paralisi delle democrazie europee
occidentali già prima di questa minaccia mortale era spaventosa.
L’ebraismo internazionale sta facendo di tutto per favorire questa
paralisi. Durante la nostra lotta per il potere in Germania, i
giornali ebraici cercavano di nascondere il pericolo finché il
Nazionalsocialismo non ha risvegliato il popolo. Oggi accade lo
stesso nelle altre nazioni. Gli ebrei ancora una volta si rivelano
come l’incarnazione del male, come l’artificioso demone della
decadenza e i portatori di un caos internazionale distruttore di
culture. Questo spiega, a proposito, la nostra coerente politica
ebraica. Noi vediamo gli ebrei come una minaccia diretta per ogni
nazione. A noi non importa cosa facciano gli altri popoli per questo
pericolo. Ciò che facciamo per difenderci è affar nostro, comunque,
e non tolleriamo obiezioni da altri. Gli ebrei rappresentano
un’infezione contagiosa. Le nazioni nemiche possono sollevare
ipocrite proteste contro le nostre misure contro gli ebrei e piangere
lacrime di coccodrillo, ma non ci impediranno di fare ciò che è
necessario. La Germania, in ogni caso, non ha intenzione di
rassegnarsi a questa minaccia, bensì intende prendere i
provvedimenti più radicali, se necessari, finché è in tempo. Le
sfide militari del Reich ad Est sono al centro di ogni cosa. La
guerra dei robot meccanizzati contro la Germania e l’Europa ha
raggiunto il culmine. Nel resistere a questa grave minaccia diretta
il popolo tedesco ed i suoi alleati dell’Asse stanno adempiendo,
nel senso più autentico del termine, una missione europea. La nostra
battaglia, coraggiosa e giusta, contro questo flagello universale non
sarà impedita dai clamori mondiali dell’ebraismo internazionale.
Essa può e deve terminare soltanto con la vittoria. La tragica
battaglia di Stalingrado è un simbolo dell’eroica, virile
resistenza alla rivolta delle steppe. Essa, per il popolo tedesco, ha
un significato non soltanto militare, ma anche intellettuale e
spirituale. Là i nostri occhi sono stati aperti sulla vera natura
della guerra. Noi non vogliamo ulteriori false speranze e illusioni.
Vogliamo guardare coraggiosamente in faccia i fatti, per quanto duri
e spaventosi possano essere. La storia del nostro Partito e del
nostro Stato prova che un pericolo riconosciuto è un pericolo
sconfitto. Le nostre dure battaglie future ad Est saranno nel segno
di questa resistenza eroica. Ciò richiederà prima sforzi inauditi
da parte dei nostri soldati e delle nostre armi. Ad Est infuria una
guerra spietata. Il Führer aveva ragione quando dichiarò che alla
fine non vi saranno né vincitori né vinti, bensì la vita o la
morte. La Nazione tedesca lo sa. I suoi salutari istinti l’hanno
guidata attraverso l’odierna confusione delle difficoltà
intellettuali e spirituali. Oggi sappiamo che la Blitzkrieg in
Polonia e la Campagna in Occidente hanno solo limitato il senso della
battaglia ad Est. La Nazione tedesca sta combattendo per tutto ciò
che ha. Sappiamo che il popolo tedesco sta difendendo i suoi beni più
sacri: le proprie famiglie, donne e bambini, la campagna magnifica e
intatta, le proprie città e i villaggi, i duemila anni della propria
cultura, tutto ciò che rende la vita davvero degna. Il bolscevismo
naturalmente non ha il minimo rispetto per i nostri tesori nazionali
e non presterebbe loro alcuna attenzione qualora se ne appropriasse.
Non l’ha fatto neppure per il proprio popolo. L’Unione Sovietica
negli ultimi 25 anni ha accresciuto il proprio potenziale militare ad
un livello inimmaginabile e noi lo abbiamo valutato erroneamente. In
Russia i terroristi ebrei hanno 200 milioni di persone che li
servono. Essi hanno usato con cinismo i propri sistemi per far
nascere dall’imperturbabile durezza del popolo russo un serio
pericolo per le nazioni civili europee. All’Est una nazione intera
è stata spinta in guerra. Uomini, donne e perfino bambini vengono
impiegati non soltanto nelle fabbriche d’armi ma nelle battaglie.
Duecento milioni che vivono nel terrore della GPU, in parte
prigionieri di una visione del mondo infernale, in parte di una
stupidità assoluta.
Palazzo dello Sport, Berlino 18 febbraio 1943: discorso di Joseph Paul Goebbels |
Le masse di carri armati che abbiamo affrontato
ad Est sono il risultato di 25 anni di sventura sociale e sofferenza
del popolo bolscevico. Noi dobbiamo rispondere con misure analoghe se
non vogliamo rinunciare e darci per vinti. La mia ferma convinzione è
che non possiamo vincere il pericolo bolscevico se non usiamo metodi
equivalenti, anche se non identici. Il popolo tedesco ha di fronte la
domanda più grave della guerra, vale a dire trovare la
determinazione d’usare tutte le nostre risorse per proteggere tutto
quanto abbiamo e tutto ciò di cui avremo bisogno in futuro.
L’esigenza del momento è la guerra totale. Dobbiamo metter fine
all’atteggiamento borghese che abbiamo visto anche in questa
guerra: Lavami la schiena, ma non bagnarmi! (Ogni frase viene accolta
con applausi crescenti ed approvazioni). Il pericolo che ci è di
fronte è enorme. Gli sforzi da fare per affrontarlo lo devono essere
altrettanto. E’ venuto il momento di toglierci i guanti di velluto
e usare i pugni. (Si levano grida di assenso. I canti, provenienti
dalle gallerie e dalla platea testimoniano la piena approvazione
della folla). Non possiamo più fare un uso parziale e negligente del
potenziale bellico in patria e in aree significative d’Europa che
controlliamo. Dobbiamo utilizzare appieno le nostre risorse, tanto
più rapidamente ed accuratamente quanto organizzativamente e
praticamente possibile. Le preoccupazioni superflue sono del tutto
fuori luogo. Il futuro dell’Europa è condizionato dal nostro
successo ad Est. Noi siamo pronti a difenderlo. Il popolo tedesco sta
versando il proprio sangue più prezioso in questa battaglia. Il
resto d’Europa dovrebbe lavorare almeno per sostenerci. In Europa
vi sono molte voci serie che già se ne sono rese conto. Altri ancora
resistono. Ciò non può avere influenza su di noi. Se il pericolo
fosse di fronte solo a loro, potremmo considerare la loro riluttanza
come una assurdità letteraria senza senso. Ma il pericolo ci
minaccia tutti e noi tutti dobbiamo fare ciascuno la propria parte.
Coloro che oggi non capiscono, domani ci ringrazieranno in ginocchio
per esserci assunti questo compito con coraggio e fermezza. Non ci
preoccupa affatto che i nostri nemici, all’estero, pretendano che i
nostri provvedimenti di guerra totale ricordano quelli del
bolscevismo. Con ipocrisia sostengono che ciò significa che non c’è
alcun bisogno di combattere il bolscevismo. Qui non è una questione
di metodo ma di meta, cioè di eliminare il pericolo. (applausi). La
questione non è se i metodi sono buoni o cattivi, ma se hanno
successo. Il Governo Nazionalsocialista è pronto ad usare qualsiasi
mezzo. Non c’importa se qualcuno obietta. Non vogliamo indebolire
il potenziale bellico della Germania con provvedimenti che mantengano
un livello di vita alto, quasi da tempo di pace, per una certa
classe, mettendo in tal modo in pericolo il nostro sforzo bellico.
Noi stiamo volontariamente rinunciando ad una parte significativa del
nostro livello di vita per aumentare lo sforzo bellico più
rapidamente e completamente possibile. Ciò non è fine a se stesso,
piuttosto un mezzo per raggiungere un fine. Il nostro livello di vita
sociale sarà perfino più elevato dopo la guerra. Noi non abbiamo
bisogno di imitare i metodi bolscevichi, poiché noi abbiamo un
popolo e capi migliori, cosa che ci dà un grande vantaggio. Ma le
cose hanno dimostrato che dobbiamo fare molto di più di quanto
abbiamo fatto finora per volgere decisamente a nostro favore la
guerra nell’Est. Come hanno dimostrato innumerevoli lettere
dall’interno e dal fronte, a questo proposito, l’intero popolo
tedesco è d’accordo. Ognuno sa che se perdiamo, tutto sarà
distrutto. Il popolo e i suoi capi sono determinati a prendere le
misure più radicali.
Le grandi masse lavoratrici del nostro popolo
non sono infelici perché il Governo è troppo duro. Caso mai lo sono
perché è troppo rispettoso. Chiedete a chiunque in Germania e vi
dirà: Ciò che è più radicale lo è quanto basta e ciò che è
totale lo è a sufficienza per ottenere la vittoria. Lo sforzo totale
di guerra è divenuto una questione riguardante l’intero popolo
tedesco. Nessuno ha scusanti per ignorare le sue esigenze. Un
applauso tempestoso ha salutato, il 30 gennaio scorso, il mio appello
alla guerra totale. Posso perciò assicurarvi che i provvedimenti
della leadership sono in pieno accordo coi desideri del popolo
tedesco sia in patria che al fronte. Il popolo vuole portare
qualsiasi peso, anche il più grande, fare qualsiasi sacrificio, se
ciò conduce alla grande meta della vittoria. (Intenso applauso). Ciò
naturalmente presuppone che i fardelli siano equamente suddivisi.
(Forti approvazioni). Noi non possiamo tollerare una situazione in
cui la maggior parte del popolo sopporta il peso della guerra, mentre
una piccola e passiva porzione di esso tenta di sfuggire ai propri
fardelli e alle responsabilità. Le misure che abbiamo preso, e
quelle che ancora prenderemo, saranno caratterizzate dallo spirito
della giustizia Nazionalsocialista. Noi non badiamo alla classe o al
rango. Ricco o povero, alto o basso devono dividere egualmente i
sacrifici. Ognuno, in questo grave momento, deve compiere il proprio
dovere, o per scelta o altrimenti. Noi sappiamo che ciò ha il pieno
appoggio del popolo. Piuttosto che fare troppo poco per ottenere la
vittoria faremo addirittura troppo. Nessuna guerra nella storia è
stata perduta a causa di troppi soldati o troppe armi. E’ vero però
che molte sono state perse per il motivo contrario. E’ tempo di far
muovere i fannulloni. Devono essere scrollati dai loro comodi agi.
Non possiamo attendere che rinsaviscano da soli. Potrebbe avvenire
troppo tardi. L’allarme deve echeggiare da un capo all’altro
della Nazione. Milioni di braccia devono mettersi al lavoro in tutto
il paese. I provvedimenti che abbiamo preso e quelli che ora
prenderemo, e di cui discuterò più avanti in questo discorso, sono
critici per l’intera nostra vita pubblica e privata. L’individuo
dovrà fare grandi sacrifici, ma essi sono minuscoli se paragonati a
quelli che dovrebbe fare se, rifiutandoli, si abbattesse su di noi il
più grande disastro nazionale. E’ meglio agire al momento giusto
che aspettare fin quando la malattia abbia attecchito. Non ci si può
lagnare col medico o fargli causa per una ferita fisica. Egli non
taglia per uccidere, bensì per salvare la vita del paziente.
Lasciatemi ripetere che fra i più pesanti sacrifici che il popolo
tedesco dovrà fare, il più urgente è che questi siano equamente
suddivisi. Il popolo vuole così. Nessuno resiste ai più pesanti
carichi della guerra. Ma il popolo si arrabbia quando pochi tentano
sempre di sfuggire a questi sacrifici. Il Governo Nazionalsocialista
ha il dovere sia morale che politico di opporsi a tali tentativi, se
necessario con pene draconiane. Qui l’indulgenza sarebbe del tutto
fuori luogo, portando in men che non si dica a confondere i
sentimenti e gli atteggiamenti del popolo, il che sarebbe un serio
pericolo per il morale nazionale. Siamo perciò obbligati ad adottare
una serie di misure che non sono essenziali in se, per lo sforzo
bellico, ma appaiono necessarie a sostenere il morale in patria e al
fronte. L’ottica della guerra, cioè come le cose appaiono
esteriormente, è d’importanza decisiva in questo quarto anno di
guerra. In considerazione dei sacrifici sovrumani che il fronte
compie ogni giorno, esso ha il diritto fondamentale di attendersi che
nessuno in patria reclami il diritto d’ignorare la guerra e le sue
esigenze. E ciò non lo richiede soltanto il fronte ma anche una
parte schiacciante della madrepatria. Chi è attivo ha il diritto di
aspettarsi che se lavora dieci o dodici o quattordici ore al giorno,
un indolente non gli stia vicino ritenendolo stupido. La patria deve
rimanere pura e integra nella sua interezza. Niente può turbare
questa immagine. Vi sono quindi una serie di misure da tenere in
considerazione nell’ottica della guerra. Abbiamo ordinato, per
esempio, la chiusura dei bar e dei locali notturni. Io non posso
immaginare che chi sta facendo il proprio dovere per lo sforzo
bellico abbia ancora energie per rimaner fuori la notte in posti del
genere. Posso solo concludere che non starebbero prendendo sul serio
le proprie responsabilità. Noi abbiamo chiuso questi esercizi perché
cominciavano ad offenderci e perché disturbano l’immagine della
guerra. Non abbiamo nulla contro i divertimenti come quelli. Dopo la
guerra seguiremo di nuovo, felicemente, la regola “Vivi e lascia
vivere”. Ma durante la guerra, lo slogan deve essere “Combatti e
lascia combattere!”. Abbiamo chiuso anche i ristoranti di lusso che
richiedono più risorse di quanto sia ragionevole. Può essere che,
occasionalmente, qualcuno pensi che, perfino in tempo di guerra, il
proprio stomaco sia la cosa più importante. Non possiamo prestargli
alcuna attenzione. Al fronte ognuno, dal soldato semplice al generale
Feldmaresciallo, mangia alle cucine da campo. Non posso credere che
sia chiedere troppo insistere che noi, in patria, prestiamo
attenzione almeno alle leggi fondamentali della vita comunitaria.
Potremo tornare ad essere gourmet di nuovo quando la guerra sarà
finita. Adesso abbiamo cose più importanti da fare che preoccuparci
dei nostri stomaci. Sono stati chiusi anche innumerevoli negozi di
lusso. Spesso offendevano i compratori. Generalmente non c’era
nulla da comprare, a meno che, magari, non si pagasse qui e là con
burro o uova invece di danaro. A che servono dei negozi che non hanno
più nulla da vendere, ma usano soltanto elettricità, riscaldamento
e il lavoro delle persone che è insufficiente in tutti gli altri
posti, in particolare nell’industria bellica? Ed è una scusa
affermare che tenere aperti qualcuno di questi negozi dia
un’impressione attraente agli stranieri. Gli stranieri saranno
impressionati soltanto da una vittoria tedesca! (applauso). Tutti
vorranno essere nostri amici se vinciamo la guerra. Ma se perdiamo,
potremo contare gli amici sulle dita di una mano. Abbiamo messo fine
a tali illusioni. Vogliamo mettere questa gente che stava in negozi
vuoti a fare un lavoro utile per l’economia bellica. Questo
processo è già in moto e sarà completato entro il 15 marzo.
Naturalmente questa è una significativa trasformazione della nostra
intera vita economica. Stiamo seguendo un piano. Non vogliamo
accusare nessuno ingiustamente o dar luogo a reclami ed accuse da
ogni parte. Stiamo solo facendo ciò che è necessario. Ma lo stiamo
facendo rapidamente e completamente. Piuttosto indosseremo abiti
usati per qualche anno che far vestire il nostro popolo di stracci
per qualche secolo.
A che servono oggi i saloni di moda? Usano solo
luce, riscaldamento e lavoratori. Riapriranno quando la guerra
finirà. A che servono gli istituti di bellezza che incoraggiano un
culto della moda e sottraggono una quantità enorme di tempo ed
energia? In tempo di pace sono meravigliosi, durante la guerra sono
uno spreco di tempo. Le nostre donne e le nostre ragazze saranno in
grado di salutare i nostri soldati che tornano vittoriosi senza gli
abiti di gala dei tempi di pace (applausi). Gli uffici governativi
lavoreranno più rapidamente e con minor burocrazia. Non fa una buona
impressione quando un ufficio chiude in orario dopo otto ore. Il
popolo non sta lì per gli uffici, sono gli uffici che sono lì per
il popolo. Si deve lavorare finché il lavoro non è finito. Questa è
un’esigenza della guerra. Se il Führer può fare una cosa del
genere, possono farla anche i suoi impiegati retribuiti. Se non c’è
lavoro sufficiente per coprire l’orario prolungato, allora il 10 o
il 20 o il 30 per cento dei lavoratori possono essere trasferiti alla
produzione di guerra e sostituire altri uomini al servizio al fronte.
Ciò vale per tutti gli uffici della Nazione. Questo da solo può far
procedere il lavoro in alcuni uffici più rapidamente e facilmente.
Dobbiamo apprendere dalla guerra ad agire alla svelta, non solo
accuratamente. Il soldato al fronte non ha settimane per meditare
sulle cose, per organizzare i propri pensieri o lasciarli riposare in
polverosi archivi. Egli deve agire immediatamente o perdere la vita.
In patria noi non perdiamo la vita se lavoriamo lentamente, ma
mettiamo in pericolo la vita del nostro popolo. Ognuno deve imparare
a badare al morale e prestare attenzione alle giuste esigenze del
popolo che combatte e lavora. Noi non siamo guastafeste ma non
tollereremo neppure coloro che ostacolano i nostri sforzi. Per
esempio, è intollerabile che certi uomini e certe donne stiano
settimane nelle stazioni termali a scambiare chiacchiere, prendendo
il posto a soldati in permesso o a lavoratori che hanno diritto ad
una vacanza dopo un anno di duro lavoro. Ciò è intollerabile e noi
vi abbiamo messo fine. La guerra non è tempo di divertimenti. Fin
quando non sarà finita, trarremo la nostra più profonda
soddisfazione nel lavoro e nella battaglia. A coloro che non lo
comprendono da soli si deve insegnare a capirlo, a forza, se
necessario. Potrebbero essere necessarie le misure più severe. Non
appare bello, per esempio, quando dedichiamo enormi sforzi
propagandistici al tema: “Le ruote devono girare per la vittoria!”,
col risultato che la gente evita i viaggi superflui soltanto per
vedere dei vitelloni senza lavoro trovare più posti liberi sui
treni. Le ferrovie servono per trasportare beni di guerra e
viaggiatori per motivi bellici. Solo coloro che hanno bisogno di
riposarsi da un duro lavoro meritano una vacanza. Il Führer non si è
preso un giorno di riposo dall’inizio della guerra. Dal momento che
il primo uomo del paese prende il proprio lavoro con tanta serietà e
responsabilità, ci si deve attendere che ogni cittadino segua il suo
esempio. D’altra parte il Governo sta facendo tutto il possibile
per dare ai lavoratori lo svago di cui hanno bisogno in questi tempi
difficili. I teatri, i cinema e i music hall rimangono in piena
attività. La radio sta lavorando per ampliare e migliorare la
propria programmazione. Non abbiamo alcuna intenzione di infliggere
un grigio stato d’animo invernale al nostro popolo. Ciò che serve
al popolo e tiene alto la sua forza di combattere e lavorare è buono
e fondamentale per lo sforzo bellico. Vogliamo solo eliminare
l’opposto. Per equilibrare i provvedimenti di cui ho già discusso,
ho quindi ordinato che gli istituti culturali e spirituali che
servono al popolo non siano diminuiti, bensì aumentati. Fin quando
contribuiscono invece che nuocere allo sforzo bellico, essi devono
essere sostenuti dal Governo. Ciò vale anche per gli sport. Oggi gli
sport non sono soltanto per particolari cerchie, ma una questione del
popolo intero. Esoneri militari per gli atleti sono fuori luogo. Lo
scopo dello sport è di indurire il corpo, certamente col fine di
usarlo in modo appropriato nel momento del bisogno più grande. Il
Fronte condivide i nostri desideri. L’intero popolo tedesco
concorda con passione. Non è più disposto a compiere sforzi che
sprecano solo tempo e risorse. Non sopporterà più complicati
questionari per ogni eventuale problema. Non vuole più preoccuparsi
per migliaia di faccende minori che possono avere la loro importanza
in tempo di pace, ma sono totalmente futili durante la guerra. E non
ha neanche bisogno che gli sia ricordato il proprio dovere con
riferimenti ai grandi sacrifici dei nostri soldati a Stalingrado.
Il
popolo sa cosa deve fare. Ognuno, in alto e in basso, ricco o povero,
vuole condividere uno stile di vita spartano. Il Führer dà a noi
tutti l’esempio, un esempio che deve essere seguito da tutti. Egli
conosce soltanto lavoro e preoccupazione. Noi non vogliamo lasciare
tutto a lui, ma piuttosto vogliamo togliergliene quella parte che
siamo in grado di sopportare. I tempi odierni hanno una straordinaria
somiglianza, per ogni autentico Nazionalsocialista, col periodo della
lotta per il potere. Abbiamo sempre agito allo stesso modo. Eravamo
con il popolo nella buona e nella cattiva sorte e questo è il motivo
per cui il popolo ci seguiva. Abbiamo sempre portato i nostri
fardelli insieme al popolo, per questo non ci sembravano pesanti, ma
leggeri. Il popolo vuole essere guidato. Mai nella storia il popolo
ha abbandonato una leadership coraggiosa e risoluta nei momenti
critici. Lasciatemi dire poche parole in merito alle misure concrete
relative allo sforzo per la guerra totale che abbiamo già preso. Il
problema è rendere disponibili soldati per il fronte e lavoratori
per l’industria degli armamenti. Questi sono gli scopi primari,
anche a costo del nostro livello di vita sociale. Ciò non significa
un declino permanente del nostro livello di vita. Significa soltanto
raggiungere un fine, quello della guerra totale. Come parte di questa
campagna sono state revocati centinaia di migliaia di esoneri
militari. Questi esoneri erano stati concessi perché non avevamo
sufficienti manodopera esperta per coprire le posizioni che sarebbero
rimaste scoperte revocandoli. La ragione dei nostri provvedimenti
attuali è di mobilitare i lavoratori necessari. Questo è il motivo
per cui abbiamo fatto appello agli uomini che non lavoravano nel
settore bellico e alle donne che non lavoravano del tutto. Essi non
ignoreranno e non potranno ignorare il nostro appello. Il dovere di
lavorare per le donne è grande. Ciò non significa, comunque, che
solo quelle previste dalla legge debbano lavorare. Tutte sono
benvenute. Più donne si associano allo sforzo bellico, più soldati
possiamo rendere disponibili per il Fronte. I nostri nemici
sostengono che le donne tedesche non sono in grado di sostituire gli
uomini nell’economia di guerra. Ciò può esser vero per certi
settori di lavoro pesante. Ma io sono persuaso che la donna tedesca è
risoluta ad occupare il posto lasciato dall’uomo che parte per il
Fronte e di farlo al più presto possibile. Noi non abbiamo bisogno
di far notare l’esempio bolscevico. Per anni, milioni delle
migliori donne tedesche hanno lavorato nella produzione bellica ed
esse attendono con impazienza di essere raggiunte ed aiutate da altre
di loro. Tutte coloro che partecipano al lavoro stanno solo dando il
giusto ringraziamento a quelli che sono al fronte. Centinaia di
migliaia hanno già iniziato, ed altre centinaia di migliaia
inizieranno. Speriamo di svincolare presto interi eserciti di
lavoratori che, a loro volta, renderanno disponibili eserciti di
combattenti al fronte. Avrei scarsa considerazione delle donne
tedesche se pensassi che non vogliono ascoltare il mio appello. Loro
non cercheranno di seguire la lettera della legge o di scivolare
attraverso le sue maglie. Le poche che potrebbero tentare non ci
riusciranno. Non accetteremo permessi medici. Neppure accetteremo
l’alibi che qualcuna debba aiutare il marito o i parenti o degli
amici come sistema per evitare il lavoro. Risponderemo
appropriatamente. Le poche che tenteranno cose del genere riusciranno
soltanto a perdere il rispetto di quelli che le circondano. Il popolo
le disprezzerà.
Nessuno si aspetta che una donna manchi della forza
fisica necessaria per andare a lavorare in una fabbrica di carri. Vi
sono comunque anche numerose attività, nella produzione bellica, che
non richiedono una particolare forza fisica e che una donna può
svolgere perfino se proviene dalla migliore società. Nessuno è
troppo bravo sul lavoro e tutti noi dobbiamo scegliere fra rinunciare
a ciò che abbiamo oppure perdere tutto. E’ giunto anche il momento
di chiedere alle donne che hanno dei domestici se effettivamente ne
hanno bisogno. Ci si può prendere cura della casa e dei bambini
anche da sole, lasciando libera la servitù per altri compiti, oppure
si può affidare la cura della casa e dei figli alla servitù o alla
NSV ed andare a lavorare. La vita può non essere piacevole come in
tempo di pace. Ma noi non siamo in pace, noi siamo in guerra. Potremo
metterci comodi dopo che avremo vinto la guerra. Ora dobbiamo
sacrificare le nostre comodità per conquistare la vittoria. Le mogli
dei soldati certamente lo comprendono. Loro sanno che è loro dovere
verso i propri mariti sostenerli svolgendo un lavoro che è
importante per lo sforzo bellico. Ciò è particolarmente vero in
agricoltura. Le mogli dei contadini devono dare un buon esempio. Sia
gli uomini che le donne devono essere sicure che nessuno faccia meno
durante la guerra di quanto loro facevano in tempo di pace; invece
deve essere svolta una quantità maggiore di lavoro in ogni settore.
Non si può, in proposito, commettere l’errore di lasciare ogni
cosa al Governo. Il Governo può soltanto disporre le direttive di
massima. Dar vita a queste direttive è compito del popolo che
lavora, sotto la guida stimolante del Partito. E’ essenziale
un’azione rapida. Si deve andare al di là dei requisiti legali.
“Volontario!” è lo slogan. Come Gauleiter di Berlino, io qui
faccio appello soprattutto ai miei camerati berlinesi. Essi hanno
dato a sufficienza buoni esempi di nobile condotta e coraggio durante
la guerra, tali da non fallire ora. Il loro comportamento concreto ed
il buon umore perfino durante la guerra hanno fatto loro guadagnare
una buona fama in tutto il mondo. Questa bella reputazione deve
essere mantenuta e rafforzata! Se io chiedo ai miei berlinesi di fare
qualche lavoro importante rapidamente, accuratamente e senza
proteste, io so che tutti loro obbediranno. Noi non vogliamo
lamentarci delle difficoltà giornaliere o brontolare l’un con
l’altro. Vogliamo piuttosto comportarci bene non solo come
berlinesi, ma come tedeschi, cercando il lavoro, agendo, prendendo
l’iniziativa di fare qualcosa, non lasciandola a qualcun altro.
Quale donna tedesca vorrebbe ignorare il mio appello a favore di
coloro che lottano al Fronte? Chi vorrà anteporre i propri agi
personali al dovere nazionale? Chi, di fronte alla grave minaccia che
affrontiamo, vorrà considerare le proprie private necessità invece
che le esigenze della guerra? Io respingo con disprezzo l’asserzione
del nemico, che noi stiamo imitando il bolscevismo.
Noi non vogliamo
imitare il bolscevismo, noi vogliamo sconfiggerlo, con qualsiasi
mezzo sia necessario. La donna tedesca comprenderà meglio ciò che
intendo, perché sa da tempo che la guerra che stanno combattendo
oggi i nostri uomini è soprattutto una guerra per proteggere i suoi
figli. Il suo bene più sacro è difeso dal sangue più prezioso del
nostro popolo. La donna tedesca deve proclamare spontaneamente la
propria solidarietà coi suoi uomini che combattono. Essa farebbe
meglio a unirsi ai milioni di lavoratori nell’esercito della
patria, e dovrebbe farlo domani piuttosto che dopodomani. Attraverso
il popolo tedesco deve scorrere un fiume di sollecitudine. Mi aspetto
che innumerevoli donne e soprattutto uomini, che non stiano facendo
un lavoro fondamentale per la guerra, si presentino alle autorità.
Chi dà rapidamente dà il doppio. La situazione generale
dell’economia si sta rafforzando. Ciò riguarda in particolare il
sistema bancario ed assicurativo, il sistema delle imposte, i
giornali e le riviste che non sono essenziali allo sforzo bellico, le
attività governative e di Partito superflue e richiede anche una
ulteriore semplificazione del nostro stile di vita. Io so che molti
nel nostro popolo stanno compiendo grandi sacrifici. Comprendo i loro
sacrifici e il Governo sta cercando di fornir loro il minimo
necessario. Ma qualcosa deve restare e deve essere sopportato. Quando
la guerra sarà finita, ricostruiremo ciò che ora stiamo eliminando,
più generosamente e magnificamente, e lo Stato farà la propria
parte. Io respingo energicamente l’accusa che i nostri
provvedimenti elimineranno la classe media o si risolveranno in una
economia monopolistica. La classe media riacquisterà la propria
posizione economica e sociale dopo la guerra. Le misure attuali sono
necessarie per lo sforzo bellico. Esse non mirano ad una
trasformazione strutturale dell’economia ma semplicemente a vincere
la guerra prima possibile. Non discuto il fatto che questi interventi
causeranno preoccupazioni nelle prossime settimane. Ma ci daranno un
periodo di respiro. Stiamo posando le fondamenta per la prossima
estate, senza prestare attenzione alle minacce e alle vanterie del
nemico. Io sono felice di rivelare questo piano per la vittoria
(applauso) al popolo tedesco. Esso non soltanto accetta queste
misure, ma le ha richieste, esigendole più energicamente che prima
della guerra. Il popolo vuole l’azione! E’ tempo di dargliela!
Dobbiamo usare il nostro tempo per preparare le sorprese future. Mi
rivolgo ora all’intero popolo tedesco, e in particolare al Partito,
come capo della totalizzazione del nostro sforzo bellico interno.
Questo non è il primo importante compito che avete affrontato. Voi
lo sosterrete con il consueto slancio rivoluzionario. Voi saprete
trattare la pigrizia e l’indolenza che di quando in quando potranno
mostrarsi. Il Governo ha promulgato delle regole generali, ed altre
saranno emesse nelle prossime settimane. Le questioni minori non
regolamentate con questi provvedimenti devono essere preoccupazione
del popolo, sotto la guida del Partito. C’è una legge morale che
presiede tutto, per ciascuno di noi: non fare nulla che nuoccia allo
sforzo bellico e fare qualsiasi cosa che avvicini la vittoria. Negli
anni scorsi abbiamo spesso richiamato l’esempio di Federico il
Grande, sui giornali e alla radio. Non avevamo il diritto di farlo.
Durante la Guerra di Slesia, per un po’, Federico II aveva cinque
milioni di Prussiani, secondo Schlieffen, schierati contro 90 milioni
di nemici. Nel secondo dei sette anni infernali egli patì una
sconfitta che scosse la Prussia fin dalle fondamenta. Egli non ha mai
avuto soldati ed armi a sufficienza per combattere senza rischiare
ogni cosa. La sua strategia era sempre quella dell’improvvisazione.
Ma il suo principio era di attaccare il nemico ogni volta che fosse
possibile. Patì delle sconfitte ma ciò non fu determinante. Ciò
che fu decisivo è che il Grande Re rimase indomito, che fu
incrollabile di fronte alle mutevoli fortune della guerra, che il suo
cuore forte vinse ogni pericolo. Alla fine dei sette anni di guerra
egli aveva 51 anni, non aveva più denti, soffriva di gotta, ed era
afflitto da mille dolori ma rimase in piedi sul campo di battaglia
devastato e fu il vincitore. Come possiamo paragonare la nostra
situazione con la sua? Mostriamo la sua stessa volontà, la sua
stessa risolutezza e quando verrà il momento facciamo come lui,
restiamo irremovibili a tutti i cambiamenti del fato e come lui
vinciamo la battaglia anche nelle circostanze più avverse. Non
dubitiamo mai della nostra grande causa. Io sono fermamente convinto
che il popolo tedesco è stato profondamente commosso dal colpo del
destino a Stalingrado. Ha visto in faccia la durezza e la crudeltà
della guerra. Ora conosce l’orribile verità ed è deciso a seguire
il Führer nella buona e nella cattiva sorte. La stampa inglese e
americana nei giorni scorsi ha scritto a lungo dell’atteggiamento
del popolo tedesco durante questa crisi. Gli inglesi sembrano
ritenere di conoscere il popolo tedesco molto meglio di noi che lo
guidiamo. Essi danno ipocriti consigli su cosa dovremmo o non
dovremmo fare. Credono che il popolo tedesco di oggi sia lo stesso
popolo tedesco del novembre 1918 quando cadde vittima dei loro
persuasivi inganni. Non ho bisogno di dimostrare la falsità delle
loro affermazioni. Essa scaturirà dalla lotta e dal lavoro del
popolo tedesco. Per giungere alla pura e semplice verità, camerati
tedeschi, voglio porvi una serie di domande. Voglio che voi
rispondiate loro, al meglio della vostra consapevolezza e secondo la
vostra coscienza. Quando il pubblico mi acclamò lo scorso 30
gennaio, la stampa inglese, il giorno successivo, riferì che era
tutto uno spettacolo propagandistico che non rappresentava la reale
opinione del popolo tedesco. Ho invitato al raduno di oggi un gruppo
rappresentativo del popolo tedesco nel senso migliore del termine.
Berlino, 18 febbraio 1943, discorso della guerra totale di Joseph Paul Goebbels |
Joseph Paul Goebbels |
Di
fronte a me vi sono file di soldati tedeschi feriti sul Fronte
dell’Est, che hanno perduto gambe e braccia, coi corpi feriti,
quelli che hanno perduto la vista, quelli che sono venuti con le
infermiere, uomini nel fiore della gioventù che stanno in piedi con
le stampelle. Fra loro, 50 hanno meritato la Croce di Ferro con
Fronde di Quercia, esempi luminosi del nostro fronte combattente.
Dietro di loro gli operai delle fabbriche di carri di Berlino. Ancora
dietro vi sono dirigenti del Partito, soldati dell’esercito,
medici, scienziati, artisti, ingegneri e architetti, insegnanti,
funzionari e impiegati degli uffici, orgogliosi rappresentanti di
ogni settore della nostra vita intellettuale che, perfino in mezzo ad
una guerra, creano miracoli di umano genio. In ogni parte dello
Sportpalast vedo migliaia di donne tedesche. I giovani sono qui
insieme ai vecchi. Nessuna classe, nessuna attività, nessuna età è
rimasta fuori. Posso a buon diritto affermare che di fronte a me è
raccolto un campione rappresentativo della popolazione tedesca, sia
dalla patria che dal fronte. E’ vero? Sì o no? Voi che mi
ascoltate in questo momento rappresentate la Nazione tutta. Voglio
farvi dieci domande cui voi risponderete per il popolo tedesco in
ogni parte del mondo ma specialmente per i nostri nemici che ci
stanno ascoltando alla radio. Gli inglesi sostengono che il popolo
tedesco ha perduto la fede nella vittoria. Vi chiedo: Credete voi,
insieme al Führer ed a noi, nella vittoria finale e totale del
popolo tedesco? Vi chiedo: siete decisi a seguire il Führer nella
buona e nella cattiva sorte fino alla vittoria e accettate
spontaneamente i più pesanti fardelli personali? Secondo: gli
inglesi dicono che il popolo tedesco è stanco di combattere. Vi
chiedo: siete pronti a seguire il Führer come falangi della patria,
seguendo i combattenti, e a muovere guerra con determinazione
selvaggia nonostante tutti gli accidenti del fato finché la vittoria
non sarà nostra? Terzo: gli inglesi affermano che il popolo tedesco
non vuole più accettare le crescenti richieste del Governo di
lavorare per la guerra. Vi chiedo: voi e il popolo tedesco, volete
lavorare, se il Führer lo ordina, 10, 12 e se necessario 14 ore al
giorno e dare tutto per la vittoria? Quarto: gli inglesi dichiarano
che il popolo tedesco sta resistendo ai provvedimenti del Governo per
la guerra totale. Esso non vorrebbe la guerra totale ma la
capitolazione!. Vi chiedo: volete la guerra totale? Se necessario,
volete una guerra più totale e radicale di quanto mai oggi possiamo
neppure immaginare? Quinto: gli inglesi sostengono che il popolo
tedesco ha perduto la propria fede nel Führer. Vi chiedo: La vostra
fiducia nel Führer è più grande, più sincera e più incrollabile
di prima? Siete assolutamente e completamente pronti a seguirlo
ovunque e fare tutto ciò che è necessario per giungere alla
vittoria? Sesto: vi chiedo: siete pronti da ora in avanti a darvi
completamente per fornire al Fronte orientale gli uomini e le
munizioni necessarie per sferrare al bolscevismo un colpo mortale?
Settimo: vi chiedo: voi prestate un sacro giuramento al Fronte che la
patria rimarrà compatta dietro di esso e che darete tutto ciò di
cui ha bisogno per raggiungere la vittoria? Ottavo: vi chiedo: voi, e
specialmente voi donne, volete che il governo faccia tutto che può
per incoraggiare le donne tedesche a mettersi al completo al lavoro
per sostenere lo sforzo bellico e liberare gli uomini per il Fronte
ogni volta che sia possibile, aiutando quindi gli uomini al Fronte?
Nono: vi chiedo: approvate, se necessarie, le misure più radicali
contro un piccolo gruppo di scansafatiche e borsari neri che fingono
vi sia la pace in mezzo ad una guerra e usano i bisogni della Nazione
per i loro scopi egoistici? Siete d’accordo che coloro che ledono
lo sforzo bellico debbano rimetterci la testa? Decimo e ultimo: vi
chiedo: siete d’accordo che soprattutto in guerra, secondo il
programma del Partito Nazionalsocialista, si debbano applicare gli
stessi diritti e doveri a tutti, che la patria debba sopportare tutta
insieme i pesanti fardelli della guerra e che tali fardelli debbano
essere equamente divisi fra chi sta in alto e chi sta in basso e fra
ricchi e poveri? Ho chiesto; voi mi avete dato le vostre riposte. Voi
siete parte del popolo e le vostre risposte sono quelle del popolo
tedesco. Voi avete detto ai nostri nemici ciò che avevano bisogno di
udire, così da non farsi né illusioni né false idee.
Ora, proprio
come nelle prime ore di governo e durante i dieci anni seguenti, noi
siamo fermamente legati dalla fratellanza col popolo tedesco. Il più
potente alleato al mondo, il popolo stesso, è dietro di noi ed è
deciso a seguire il Führer, qualunque cosa avvenga. Esso accetterà
i più pesanti sacrifici per raggiungere la vittoria. Quale forza al
mondo può impedirci di raggiungere il nostro scopo? Ora dobbiamo e
vogliamo riuscire! Io sono davanti a voi non soltanto come portavoce
del Governo, ma come portavoce del popolo. I miei vecchi amici del
Partito sono qui intorno a me, investiti degli alti incarichi del
popolo e del Governo. Il camerata Speer è seduto vicino a me. Il
Führer gli ha conferito il grande compito di mobilitare l’industria
tedesca degli armamenti e rifornire il fronte di tutte le armi
necessarie. Il camerata Ley è seduto accanto a me. Il Führer lo ha
incaricato di guidare la manodopera tedesca, istruendola ed
addestrandola ad un lavoro infaticabile per lo sforzo bellico. Ci
sentiamo profondamente debitori col camerata Sauckel che è stato
incaricato dal Führer di portare centinaia di migliaia di lavoratori
nel Reich per sostenere la nostra economia nazionale, una cosa che il
nemico non può fare. Anche tutti i capi del Partito, dell’esercito
e del Governo si uniscono a noi. Noi siamo tutti figli del nostro
popolo, forgiati insieme dall’ora più critica della nostra storia
nazionale. Noi promettiamo a voi, al Fronte, al Führer che insieme
plasmeremo la patria in una forza su cui il Führer e i suoi
combattenti possano fare assegnamento completamente e ciecamente. Noi
promettiamo solennemente di fare, nella nostra vita e nel lavoro,
tutto ciò che è necessario alla vittoria. Riempiremo i nostri cuori
con la passione politica, col fuoco eterno che ardeva durante le
grandi battaglie del Partito e dello Stato. Mai durante questa guerra
cadremo preda del falso e ipocrita oggettivismo che ha condotto la
Nazione tedesca a così grandi sventure nella sua storia. Quando la
guerra iniziò volgemmo lo sguardo alla Nazione sola. Ciò che serve
alla sua lotta per la vita è buono e deve essere incoraggiato. Ciò
che nuoce alla sua lotta per la vita è cattivo e deve essere
eliminato ed escluso. Noi supereremo i principali problemi di questa
fase della guerra con animi ardenti e mente fredda. Siamo sulla
strada della vittoria finale. Questa vittoria si basa nella nostra
fede nel Führer. Questa sera io ricordo ancora una volta il proprio
dovere alla Nazione. Il Führer si aspetta che facciamo tanto da
mettere in ombra quanto abbiamo fatto in passato. Noi non vogliamo
abbandonarlo. Come noi siamo orgogliosi di lui, lui dovrà essere
orgoglioso di noi.
Le grandi crisi e gli sconvolgimenti della vita
nazionale mostrano chi siano i veri uomini e le vere donne. Non
abbiamo più diritto di parlare del sesso più debole, poiché
ambedue i sessi stanno mostrando la stessa determinazione e forza
spirituale. La Nazione è pronta per qualsiasi cosa. Il Führer ha
ordinato e noi lo seguiremo. In quest’ora di riflessione e
meditazione nazionali, noi crediamo saldamente e incrollabilmente
nella vittoria. La vediamo davanti a noi, dobbiamo solo afferrarla.
Dobbiamo risolverci a subordinargli ogni cosa. Questo è il dovere di
quest’ora. Che lo slogan sia: Ora, popolo sorgi, tempesta
scatenati! (traduzione di s. brosal)
Joseph Paul Goebbels (Rheydt, 29 ottobre 1897 – Berlino, 1º maggio 1945) è stato un politico e giornalista tedesco. Fu uno dei più importanti gerarchi nazisti, Gauleiter di Berlino dal 1926 al 1945, Ministro della Propaganda del Terzo Reich dal 1933 al 1945, ministro plenipotenziario per la mobilizzazione alla guerra totale e generale della Wehrmacht, con l'incarico della difesa di Berlino dall'aprile del 1945, e, dopo il suicidio di Hitler, il 30 aprile 1945, per quasi due giorni Cancelliere del Reich.
Joseph Paul Goebbels (Rheydt, 29 ottobre 1897 – Berlino, 1º maggio 1945) è stato un politico e giornalista tedesco. Fu uno dei più importanti gerarchi nazisti, Gauleiter di Berlino dal 1926 al 1945, Ministro della Propaganda del Terzo Reich dal 1933 al 1945, ministro plenipotenziario per la mobilizzazione alla guerra totale e generale della Wehrmacht, con l'incarico della difesa di Berlino dall'aprile del 1945, e, dopo il suicidio di Hitler, il 30 aprile 1945, per quasi due giorni Cancelliere del Reich.
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