«Per
duemila anni l’Italia ha portato in sé un’idea universale capace
di riunire il mondo, non una qualunque idea astratta, non la
speculazione di una mente di gabinetto, ma un’idea reale, organica,
frutto della vita della nazione, frutto della vita del mondo: l’idea
dell’unione di tutto il mondo, da principio quella romana antica,
poi la papale».
«I
popoli cresciuti e scomparsi in questi due millenni e mezzo in Italia
comprendevano che erano i portatori di un’idea universale, e quando
non lo comprendevano, lo sentivano e lo presentivano».
«La
scienza, l’arte, tutto si rivestiva e penetrava di questo
significato mondiale. Ammettiamo pure che questa idea mondiale, alla
fine, si era logorata, stremata ed esaurita (ma è stato proprio
così?) ma che cosa è venuto al suo posto, per che cosa possiamo
congratularci con l’Italia, che cosa ha ottenuto di meglio dopo la
diplomazia del conte di Cavour? È sorto un piccolo regno dì
second’ordine, che ha perduto qualsiasi pretesa di valore mondiale,
(…) un regno soddisfatto della sua unità, che non significa
letteralmente nulla, un’unità meccanica e non spirituale (cioè
non l’unita mondiale di una volta) e per di più pieno di debiti
non pagati e soprattutto soddisfatto del suo essere un regno di
second’ordine. Ecco quel che ne è derivato, ecco la creazione del
conte di Cavour!».
Fëdor
Michajlovič Dostoevskij
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