PRESIDENTE. L'ordine del
giorno reca: Interpellanza e interrogazioni.
Cominciamo dalla seguente interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della Difesa, per sapere - constatato che vige tuttora il più ostinato e pavido top secret di fatto su quasi tutti i documenti comprovanti gli intenzionali bestiali crimini perpetrati dalla soldataglia piemontese ai danni delle popolazioni, per lo più inermi, delle "usurpate province meridionali" dal tempo della camorristica conquista di Napoli a quello della cosiddetta "breccia di Porta Pia" (praticata dai papalini dal di dentro delle mura leonine?..): top secret voluto, evidentemente, dai grandi custodi di quell'epoca di scelleratezze e di razzie che prese il nome di "Risorgimento italiano" e della quale il sud paga sempre più a caro prezzo le conseguenze; considerato altresì che nell'assoggettato ex reame libero e indipendente va assumendo, finalmente, sempre più vaste proporzioni quel processo di revisione e di demistificazione della storia scritta dai vincitori (tuttora ufficiale!) che dovrà fornire le motivazioni di fondo e lo stimolo alle future immancabili rivendicazioni politiche delle colonizzate regioni -: quando vorrà degnarsi di consentire il libero accesso agli archivi dello stato maggiore dell'esercito italiano che nascondono tuttora, in almeno duemila grossi volumi, documenti fondamentali di natura non già soltanto militare (ordini, dispacci, rapporti relativi a movimenti di truppa e ad esiti di combattimenti, di imboscate e di raid repressivi e briganteschi), ma anche e soprattutto di natura squisitamente politica: istruzioni riservate e anche cifrate del governo subalpino a profittatori, luogotenenti, prefetti, ufficiali superiori, sindaci, comandanti di guardie nazionali; verbali di interrogatori eseguiti nelle carceri, nelle caserme, presso le sedi municipali dagli aguzzini in uniforme che si coprono di disonore nell'infame periodo delle leggi marziali e delle sbrigative esecuzioni capitali; soffiate di spie e informazioni di agenti segreti ai militari, distinte di requisizioni e di espropri illegittimi con l'indicazione delle vittime; elenchi dettagliati dei preziosi, dei contanti e degli oggetti d'arte o sacri razziati nelle case, nei banchi pubblici, nei palazzi reali e nelle chiese; concessioni, infine, di premi, cattedre universitarie o liceali, sussidi una tantum o vitalizi a rinnegati, prostitute, delinquenti comuni (camorristi) e profittatori dai nomi altisonanti trasformati in "eroi puri" e beatificati o divinizzati nei sacri testi della agiografia risorgimentale. 2-1134) "Manna". (25 settembre 1990).
Cominciamo dalla seguente interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della Difesa, per sapere - constatato che vige tuttora il più ostinato e pavido top secret di fatto su quasi tutti i documenti comprovanti gli intenzionali bestiali crimini perpetrati dalla soldataglia piemontese ai danni delle popolazioni, per lo più inermi, delle "usurpate province meridionali" dal tempo della camorristica conquista di Napoli a quello della cosiddetta "breccia di Porta Pia" (praticata dai papalini dal di dentro delle mura leonine?..): top secret voluto, evidentemente, dai grandi custodi di quell'epoca di scelleratezze e di razzie che prese il nome di "Risorgimento italiano" e della quale il sud paga sempre più a caro prezzo le conseguenze; considerato altresì che nell'assoggettato ex reame libero e indipendente va assumendo, finalmente, sempre più vaste proporzioni quel processo di revisione e di demistificazione della storia scritta dai vincitori (tuttora ufficiale!) che dovrà fornire le motivazioni di fondo e lo stimolo alle future immancabili rivendicazioni politiche delle colonizzate regioni -: quando vorrà degnarsi di consentire il libero accesso agli archivi dello stato maggiore dell'esercito italiano che nascondono tuttora, in almeno duemila grossi volumi, documenti fondamentali di natura non già soltanto militare (ordini, dispacci, rapporti relativi a movimenti di truppa e ad esiti di combattimenti, di imboscate e di raid repressivi e briganteschi), ma anche e soprattutto di natura squisitamente politica: istruzioni riservate e anche cifrate del governo subalpino a profittatori, luogotenenti, prefetti, ufficiali superiori, sindaci, comandanti di guardie nazionali; verbali di interrogatori eseguiti nelle carceri, nelle caserme, presso le sedi municipali dagli aguzzini in uniforme che si coprono di disonore nell'infame periodo delle leggi marziali e delle sbrigative esecuzioni capitali; soffiate di spie e informazioni di agenti segreti ai militari, distinte di requisizioni e di espropri illegittimi con l'indicazione delle vittime; elenchi dettagliati dei preziosi, dei contanti e degli oggetti d'arte o sacri razziati nelle case, nei banchi pubblici, nei palazzi reali e nelle chiese; concessioni, infine, di premi, cattedre universitarie o liceali, sussidi una tantum o vitalizi a rinnegati, prostitute, delinquenti comuni (camorristi) e profittatori dai nomi altisonanti trasformati in "eroi puri" e beatificati o divinizzati nei sacri testi della agiografia risorgimentale. 2-1134) "Manna". (25 settembre 1990).
Angelo Manna |
L'onorevole Manna ha facoltà di illustrare la
sua interpellanza n. 2-01134.
Angelo MANNA. Rinunzio ad illustrarla, signor Presidente, e mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. L'onorevole sottosegretario di Stato per la difesa ha facoltà di rispondere.
Clemente MASTELLA. Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, onorevole Manna, la mia risposta - me ne dispiace molto - è brevissima, per la verità. L'accesso ai documenti sul brigantaggio custoditi presso lo stato maggiore dell'esercito, contenuti in circa 140 contenitori e non duemila, come si legge nell'interrogazione, è libero. Unica formalità di rito è una richiesta scritta preventiva, necessaria per regolare l'afflusso dei visitatori. I documenti sono già stati utilizzati per realizzare opere edite.
PRESIDENTE. L'onorevole Manna ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la sua interpellanza n. 2-01134.
Angelo MANNA. Rinunzio ad illustrarla, signor Presidente, e mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. L'onorevole sottosegretario di Stato per la difesa ha facoltà di rispondere.
Clemente MASTELLA. Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, onorevole Manna, la mia risposta - me ne dispiace molto - è brevissima, per la verità. L'accesso ai documenti sul brigantaggio custoditi presso lo stato maggiore dell'esercito, contenuti in circa 140 contenitori e non duemila, come si legge nell'interrogazione, è libero. Unica formalità di rito è una richiesta scritta preventiva, necessaria per regolare l'afflusso dei visitatori. I documenti sono già stati utilizzati per realizzare opere edite.
PRESIDENTE. L'onorevole Manna ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la sua interpellanza n. 2-01134.
Clemente Mastella: sottosegretario alla Difesa, la voce del pappagallo |
Angelo MANNA. Signor Presidente, non
credo di potermi dichiarare soddisfatto per la risposta fornitami
dall'onorevole sottosegretario, che avrei preferito non vedere
stasera in quest'aula per il fatto che sono suo conterraneo e so
benissimo quanto è costato ai suoi antenati vivere a Ceppaloni, a un
tiro di schioppo da Casalduni e Pontelandolfo, terre ancora oggi
maledette, terre di briganti, come furono definite, con tanto di
carta protocollo e timbri dal regno unitario, nel 1861. Della
risposta che a nome del governo si è degnata di dare alla mia
interpellanza, ella è stato soltanto - mi scusi - la voce: e
neppure la voce dell'attore, ma - mi consenta - quella del pappagallo
(non ce l'ho con lei personalmente), perché quale rappresentante del
Governo ella si è informata sommariamente e si è accontentata della
solita risposta evasiva, degna soltanto della massima commiserazione,
vista che a fornirgliela sono stati alti ufficiali di un esercito che
è proprio quello che io mi sono sforzato di descrivere per 35 anni,
degno erede di quello sardo-piemontese. Quello che è peggio, signor
sottosegretario, è che, lungi dall'aver risposto in maniera neppure
evasiva, ella ha prestato la sua voce di pappagallo ad uno stantio e
puzzolente copione che, scritto male e stampato peggio, è quello che
la solita combriccola dello stato maggiore dell'esercito italiano
rabbercia e stiracchia a piacimento da più di un secolo, e da più
di un secolo riesce ad imporre finanche ai rappresentanti del Governo
dello Stato unitario, perché ad esso possono prestare soltanto la
voce, e neppure quella dell'attore: quella del pappagallo. Per carità
di greppia? No! Per carità di patria. Sì!
Certo: l'ufficio storico
dello stato maggiore dell'esercito italiano è l'armadio nel quale la
setta tricolore conserva e protegge i suoi risorgimentali scheletri
infami; conserva e protegge le prove delle sue gloriosità sempre
abiette; conserva e protegge le prove che nel 1860 l'esercito
italiano calò a tradimento nel Regno di Napoli e si comportò,
secondo il naturale dei suoi bersaglieri e carabinieri, da orda
barbarica; conserva e protegge le prove che Vittorio Emanuele II di
Savoia, ladro, usurpatore ed assassino - e perciò galantuomo -
nonché il suo protobeccaio Benso Camillo, porco di Stato - e perciò
statista sommo - ordinarono ai propri sadici macellai di mettere a
ferro e a fuoco l'invaso reame libero, indipendente e sovrano e di
annetterlo al Piemonte grazie ad un plebiscito che fu una truffa
schifosa, combinata da garibaldesi, soldataglia allobrogica e camorra
napoletana.
Vittorio Emanuele II di Savoia, ladro, usurpatore e assassino |
L'ufficio dello stato maggiore dell'esercito italiano è
l'armadio nel quale l'unificazione tiene sotto chiave il proprio
fetore storico: quello dei massacri bestiali, delle profanazioni e
dei furti sacrileghi, degli incendi dolosi, delle torture, delle
confische abusive, delle collusioni con Tore e Crescienzo
(all'anagrafe Salvatore De Crescenzo) e con la sua camorra, degli
stupri di fanciulle, delle giustizie sommarie di cafoni miserabili ed
inermi, delle prebende e dei privilegi dispensati a traditori,
assassini e prostitute, come la famigerata Sangiovannara, De
Crescenzo, anch'essa, per l'anagrafe… Quali studiosi hanno potuto
aprire questi armadi infami, signor sottosegretario? I crociati
postumi, gli scribacchini diventati cattedratici per aver saputo
rinnegare la propria origine e per aver saputo rinunciare alla
ricerca della verità storica, per aver dimostrato di saper essere i
sacerdoti del sacro fuoco del mendacio. Signor Presidente, per
favore, si giri: guardi il pannello alle sue spalle. E' falso, è un
falso storico! L'ho detto e ridetto sette anni fa: alle urne, nel
Regno di Napoli invaso, si presentò solo l'1,9 per cento! Come si
ebbe, allora, un milione di voti?
Mauro MELLINI. Si fece con la tecnica dell'8 per mille!
Angelo MANNA. Sapessi a quante tecniche si fece ricorso!
Mauro MELLINI. Si fece con la tecnica dell'8 per mille!
Angelo MANNA. Sapessi a quante tecniche si fece ricorso!
Adolfo Sarti, presidente pro tempore della Camera dei deputati |
PRESIDENTE. Onorevole Manna, mi consenta di
interromperla. Le prometto che detrarrò dal computo del tempo a sua
disposizione quello utilizzato per il mio intervento. Vorrei che lei
sapesse che l'ascolto: anch'io mi considero un modesto cultore delle
memorie storiche. Naturalmente, mi sono fatto un'opinione precisa,
anche perché ho un'età purtroppo più avanzata della sua.
Angelo MANNA. Non è colpa sua, né merito mio…
PRESIDENTE. Mi consenta di farle una piccola raccomandazione sul linguaggio. Non mi permetterei mai di entrare in un dibattito storiografico di tanto interesse. La invito soltanto a quella moderazione di linguaggio per la narrazione di eventi drammatici, che pure appartengono in qualche modo alla storia d'Italia. Ne guadagnerà anche l'obiettività, la serenità e l'austerità di quest'aula.
Angelo MANNA. La ringrazio, signor Presidente. Accetto comunque la sua raccomandazione anche perché so che lei, da buon piemontese serio, ha letto i testi scritti sull'altra sponda e quelli del suo generale piemontese (una persona perbene) il Bertoletti, che ha scritto Il Risorgimento visto dall'altra sponda: un testo che io stesso curai quando l'editore napoletano Arturo Berisio volle ripubblicarlo, una trentina di anni fa.
PRESIDENTE. Conosco perfettamente questo genere letterario e le voglio ricordare che una casa editrice piemontese, che anche posso nominare…
Angelo MANNA. Io le dirò che è stato ristampato a Napoli.
PRESIDENTE. …nell'immediato secondo dopoguerra presentò una raffigurazione della storia d'Italia più problematica di quella esposta nei testi ufficiali. Mi riferisco ad un testo aureo che credo lei abbia ben presente, e che è L'Alfiere di Alianello.
Angelo MANNA. La ringrazio per la citazione. Alianello è uno dei miei sacri evangelisti.
Clemente MASTELLA, sottosegretario di Stato per la Difesa. Visto l'andamento della discussione, il Governo non c'entra! E' un dialogo fra di voi.
Angelo MANNA. I piemontesi "buoni", voglio dire onesti, ci sono sempre stati, ed anche a quel tempo. Uno per tutti il generale Covone, fior di galantuomo, che però ebbe il torto di mettersi troppe volte sugli attenti di fronte ad una canaglia come Cialdini e a emeriti cialtroni come Fanti, Della Rocca, Pinelli. Li vogliamo nominare tutti i cattivi? Non la finiremmo più! Certo, signor Presidente, anche qualche generale italiano è stato preso di recente dalla fregola della ricerca storica. E quello che è riuscito a capire, a scrivere e a dare alle stampe, è stato ed è mi consenta, signor Presidente - roba da storico voltastomaco.
Angelo MANNA. Non è colpa sua, né merito mio…
PRESIDENTE. Mi consenta di farle una piccola raccomandazione sul linguaggio. Non mi permetterei mai di entrare in un dibattito storiografico di tanto interesse. La invito soltanto a quella moderazione di linguaggio per la narrazione di eventi drammatici, che pure appartengono in qualche modo alla storia d'Italia. Ne guadagnerà anche l'obiettività, la serenità e l'austerità di quest'aula.
Angelo MANNA. La ringrazio, signor Presidente. Accetto comunque la sua raccomandazione anche perché so che lei, da buon piemontese serio, ha letto i testi scritti sull'altra sponda e quelli del suo generale piemontese (una persona perbene) il Bertoletti, che ha scritto Il Risorgimento visto dall'altra sponda: un testo che io stesso curai quando l'editore napoletano Arturo Berisio volle ripubblicarlo, una trentina di anni fa.
PRESIDENTE. Conosco perfettamente questo genere letterario e le voglio ricordare che una casa editrice piemontese, che anche posso nominare…
Angelo MANNA. Io le dirò che è stato ristampato a Napoli.
PRESIDENTE. …nell'immediato secondo dopoguerra presentò una raffigurazione della storia d'Italia più problematica di quella esposta nei testi ufficiali. Mi riferisco ad un testo aureo che credo lei abbia ben presente, e che è L'Alfiere di Alianello.
Angelo MANNA. La ringrazio per la citazione. Alianello è uno dei miei sacri evangelisti.
Clemente MASTELLA, sottosegretario di Stato per la Difesa. Visto l'andamento della discussione, il Governo non c'entra! E' un dialogo fra di voi.
Angelo MANNA. I piemontesi "buoni", voglio dire onesti, ci sono sempre stati, ed anche a quel tempo. Uno per tutti il generale Covone, fior di galantuomo, che però ebbe il torto di mettersi troppe volte sugli attenti di fronte ad una canaglia come Cialdini e a emeriti cialtroni come Fanti, Della Rocca, Pinelli. Li vogliamo nominare tutti i cattivi? Non la finiremmo più! Certo, signor Presidente, anche qualche generale italiano è stato preso di recente dalla fregola della ricerca storica. E quello che è riuscito a capire, a scrivere e a dare alle stampe, è stato ed è mi consenta, signor Presidente - roba da storico voltastomaco.
Il
generale Oreste Bovio, che dal 1980 al 1982 ha retto l'ufficio
storico dell'esercito italiano, ha osato pubblicare nel 1987,
naturalmente a spese dello Stato, quanto segue:"Non può
ragionevolmente essere fatto alcun addebito all'ufficio storico
dell'esercito per non aver sentito la necessità di analizzare un
comportamento delle unità impiegate nella lotta al brigantaggio.
Quale importanza potevano avere allora piccoli scontri con briganti e
predoni?". Povera storia, signor Presidente! Poveri cafoni
meridionali, povera questione ardente, agraria, sociale! Povero
Pasquale Villari, povero Antonio Gramsci, povero Guido Dorso, povero
Gaetano Salvemini, povero Franco Molfese! Povera questione
meridionale! Voglio supporre che questo Oreste Bovio sia stato
gratificato abbastanza, magari con diplomi medaglie e mance
competenti, dalla setta allobrogo-ligure-longobarda alla quale ha
mostrato di sapere tanto bene reggere il sacco. E voglio sperare che
le varie leghe nordiste, tanto care al liberalcapitalismo
(gratificato a dovere dal "negrierismo" a basso costo
sacramentato dalla legge Martelli) vorranno tenere presente, nelle
loro antistoriche confutazioni della storia, questo pagliaccio di
generale che, loro involontario profeta, con pochi tratti di penna
pagatigli dallo Stato, ha annullato gli orrori dei massacri contadini
meridionali da parte dell'orda assetata di sangue e di bottino, ed ha
creduto che il clòu della questione meridionale - la sua bestiale
conseguenza e cioè l'emigrazione in massa, come "cacciata dei
cafoni" dalle proprie terre - fosse una fola inventata da
revanscisti borboniani, o capricci di meridionali dediti al
girovaghiamo per essere nati con la spiccata tendenza al turismo.
Certo, negli armadi dello stato maggiore vi saranno anche le prove
del fatto - ormai provato abbastanza - che, se a partire dal 1860,
alla sua prima uscita, il regno unificato scrisse pagine vergognose
ed abiette, non si rifece affatto nella prima guerra mondiale e toccò
il fondo nella seconda, quando tradì nel 1914 la Triplice e quando,
trent'anni dopo, tradì Germania e Giappone ed accorse in aiuto del
vincitore anglo-franco-americano e si fece finanche stuprare,
eroicamente, si capisce, dai marocchini. Ma noi del Sud - che non
intende subire ulteriormente il danno della colonizzazione tendente
all'assoggettamento totale e la beffa della distorsione premeditata
dei fatti storici, che la sua colonizzazione determinò - non
interessano le bubbole che i vestali del sacro fuoco del mendacio
tricolore fanno propalare anche ad un sottosegretario di stato, nella
certezza che, per carità di patria, anche egli, come i suoi
predecessori, non disdegni di farsi complice loro nel servire la
mistificazione e i suoi profeti abietti.
Michelina De Cesare, stuprata e massacrata dai piemontesi |
L'ufficio storico
dell'esercito italiano custodisce e protegge le prove storiche che
quella sacra epopea, che fu detta Risorgimento, altro non fu se non
una schifosa pagina di rapine e di massacri scritta da un'orda
barbarica che, oltre la vita ed i beni, rubò al Sud e portò
nell'infrancesato Piemonte finanche il sacro nome d'Italia. Gli
armadi con gli scheletri infami, che riguardano la repressione del
cosiddetto brigantaggio - che fu epopea storica di decine di migliaia
di cafoni disperati - recano la catalogazione G11 e G3, e sono circa
150 mila i fogli che, contenuti in 140 dossiers, costituiscono la
prova documentale delle efferatezze subito dal Reame degradato a
feudo sabaudo, da disbattezzare, spremere, colonizzare e
sottomettere. Signor sottosegretario, signor Presidente, colleghi, io
non mi chiedo affatto se l'aspetto più vergognoso sia rappresentato
dal non già ottuso ma settario rifiuto da parte degli eredi della
soldataglia piemontese, ligure e lombarda di aprire gli armadi
infami, o se sia piuttosto rappresentato dall'acquiescenza, che è
omertà passiva, di un Governo che consente a dei soldati (che
possono solo gloriarsi di avere fatto carriera sul campo dell'eterna
battaglia delle lottizzazioni ingaggiata dai partiti democratici
egemoni) di gestire a piacimento una massa di documenti storici di
eccezionale valore e di concederli in visione a piacimento soltanto a
scrittorelli di indubbia fede antistorica, che non sprezzerebbero mai
il sacro giuramento ateo liberal-capitalistico di servire vita
natural durante il mendacio tricolore sul quale è fondata l'ancora
imperversante agiografia del cosiddetto Risorgimento.
Sulla questione
dell'ufficio storico dell'esercito italiano quattro anni fa Giorgio
Bocca scrisse su L'Espresso: "Sarebbe davvero troppo chiedere ai
militari di documentare e pubblicizzare le violazioni della morale
comune che il potere politico gli ha chiesto e ordinato". Il
Bocca non andò oltre, non so se per calcolo tricolorico o per
improvviso inceppamento del cervello. Oltre - me lo consenta, signor
Presidente - vado io. Affermando che il copione che i responsabili
dell'ufficio storico dell'esercito italiano rabberciano e
stiracchiano a piacimento e impongono persino ad un rappresentante
del Governo italiano affinché si compiaccia di prestare alle sue
battute soltanto la voce (neppure quella dell'attore, ma quella del
pappagallo), ha 131 anni e non può essere rimaneggiato, riveduto,
corretto, adattato ai tempi, adeguato alle necessità della storia.
Sarebbe troppo esigere dai militari l'apertura degli armadi nei quali
sono custoditi e protetti gli scheletri del cosiddetto Risorgimento.
Ma non perché mai e poi mai, signor Presidente, un esercito
ammetterebbe i crimini di cui si è macchiato per ordine di una
classe politica egemone. Tutti gli eserciti del mondo commettono
crimini orrendi, saponificando, napalmizzando, lanciando bombe
atomiche, chimiche, batteriologice, ed è umano che nessun esercito
sia disposto a mettere in piazza la propria disumanità e a produrne
l'inconfutabile prova documentale.
Nel nostro caso, però, si
tratterebbe di mettere in piazza che gli eroi del cosiddetto
Risorgimento furono dei criminali sull'orlo dell'asburgizzazione, e
che i loro sacri ideali fecero da paravento a uzzoli predatori e
sanguinari. Al grido di:"fuori lo straniero" gli eroi -
cioè i criminali - imposero ai rinnegati e agli spergiuri del Regno
di Napoli la cacciata di un re che era napoletano da quattro
generazioni e la distruzione di uno Stato libero, indipendente e
sovrano.
Ed al suo posto imposero un re che parlava francese e che
era il re più spergiuro e fellone e debitoso d'Europa, a prova di
storia. Nel nostro caso si tratterebbe di mettere in piazza che
l'annessione del reame napoletano fu un'operazione che senza
l'intervento della camorra non sarebbe riuscita. Furono i camorristi
di Salvatore De Crescenzo, "Tore e Crescienzo", a
presidiare i seggi nel corso del truffaldino plebiscito e ad
"uccidere di mazzate" i difensori timidi, pavidi, delle
ragione della monarchia nazionale borbonica. E furono ancora i
camorristi ad inchiodare con le bocche rivolte verso il mare i
cannoni che i fedelissimi della guardia nazionale (che si fregiava
della bandiera tricolore, signor Presidente) avevano puntato sulla
stazione ferroviaria dove, proveniente da Salerno, sarebbe arrivato
lui, il leone imbecille, Giuseppe Garibaldi.
Nel nostro caso, signor
Presidente, si tratterebbe di mettere in piazza che ai decennali
massacri belluini perpetrati dall'orda barbarica seguì
un'emigrazione che fu un'esplosione, a catena, che fu l'effetto della
raffica di calcioni tricolori sparata dal regno unitario nei fondelli
sfondati di coloro i quali avevano avuto l'infelice idea di scampare
ai massacri. In tal modo si renderebbero pubbliche finalmente le
cause vere della questione meridionale e si fornirebbero dunque ai
politici e ai sindacati di oggi, signor Presidente, le basi sulle
quali impiantare, finalmente, la fabbrica dei rimedi specifici. Nel
nostro caso, infine, si tratterebbe di mettere in piazza che
l'invasione, l'annessione e i massacri subiti dall'Emirato libero e
sovrano del Kuwait pochi mesi fa li subì il Reame di Napoli ad opera
di Saddam Hussein che si chiamava Vittorio Emanuele II, nel
1860…
Mauro MELLINI. In fatto di poligamia certamente un collegamento c'è!
Angelo MANNA. …e che anche allora l'invasione, l'annessione ed i massacri costituirono una violazione del diritto internazionale… Ma noi non avevamo il petrolio, caro Mellini. Avevamo soltanto l'oro, la dignità, l'onore… E, ciò che contava, eravamo un'enorme piazza di consumo:un mercato di nove milioni e mezzo di bocche!… E la comunità mondiale se ne stette comodamente a guardare! E, quando fu raggiunta dagli urli di sdegno degli uomini, e dai lamenti dei torturati, e dalle grida delle fanciulle, stuprate - signor Presidente, lei che è un cultore di storia - talvolta soltanto a colpi di baionetta, si affrettò a chiudere finestre e balconi; infastidita, molestata dal rumore. Signor sottosegretario, ho avuto dei rapporti con Falco Accade, che è stato Presidente della Commissione Difesa nella IX legislatura, e con i colleghi Edo Ronchi e Guido Pollice. Abbiamo spesso convenuto che bisognerebbe trasferire la massa documentale di cui l'esercito è tenutario e protettore dal 1856 (da quattro anni prima dell'annessione del Regno di Napoli a quello piemontese:quindi da quando non era esercito italiano ma esercito sardo-piemontese) presso gli archivi di Stato. Ma - quanto volte ho dovuto eccepirlo - a ciò non si opporrebbe l'esercito, ma tutti quei ministri i quali, pur di continuare a far credere agli italiani la bella favola del cosiddetto Risorgimento, non esitano a venire in quest'aula (o a frequentare convegni, presiedere congressi) per prestare a copioni vetusti le proprie voci nemmeno di attori, di pappagalli. E a rimetterci quel po' di prestigio ministeriale, governativo e italiano, che ancora avevano.
Mauro MELLINI. In fatto di poligamia certamente un collegamento c'è!
Angelo MANNA. …e che anche allora l'invasione, l'annessione ed i massacri costituirono una violazione del diritto internazionale… Ma noi non avevamo il petrolio, caro Mellini. Avevamo soltanto l'oro, la dignità, l'onore… E, ciò che contava, eravamo un'enorme piazza di consumo:un mercato di nove milioni e mezzo di bocche!… E la comunità mondiale se ne stette comodamente a guardare! E, quando fu raggiunta dagli urli di sdegno degli uomini, e dai lamenti dei torturati, e dalle grida delle fanciulle, stuprate - signor Presidente, lei che è un cultore di storia - talvolta soltanto a colpi di baionetta, si affrettò a chiudere finestre e balconi; infastidita, molestata dal rumore. Signor sottosegretario, ho avuto dei rapporti con Falco Accade, che è stato Presidente della Commissione Difesa nella IX legislatura, e con i colleghi Edo Ronchi e Guido Pollice. Abbiamo spesso convenuto che bisognerebbe trasferire la massa documentale di cui l'esercito è tenutario e protettore dal 1856 (da quattro anni prima dell'annessione del Regno di Napoli a quello piemontese:quindi da quando non era esercito italiano ma esercito sardo-piemontese) presso gli archivi di Stato. Ma - quanto volte ho dovuto eccepirlo - a ciò non si opporrebbe l'esercito, ma tutti quei ministri i quali, pur di continuare a far credere agli italiani la bella favola del cosiddetto Risorgimento, non esitano a venire in quest'aula (o a frequentare convegni, presiedere congressi) per prestare a copioni vetusti le proprie voci nemmeno di attori, di pappagalli. E a rimetterci quel po' di prestigio ministeriale, governativo e italiano, che ancora avevano.
Enrico Cialdini, feroce e sanguinario generale al servizio dei Savoia, fece morire abbrustoliti gli abitanti di Pontelandolfo e Casalduni |
Signor sottosegretario, nell'esprimere queste affermazioni -
e le chiedo perdono se da conterraneo, involontariamente, l'ho offesa
- vorrei precisare che per dichiararmi soddisfatto della sua risposta
dovrei aver fatto finta di non aver letto tutte le analoghe risposte
fornite dai ministri Spadolini e Zanone prima ancora che da lei.
Risposte tutte uguali: e tutte bugiarde! Onorevole sottosegretario,
se lo gradirà, potrò darle una copia degli atti del convegno sul
brigantaggio meridionale svoltosi a Cerreto Sannita nel 1986. Tra i
suoi documenti vi è la scheda con la quale gli studiosi possono
chiedere l'accesso alla massa documentale riguardante il brigantaggio
e il cosiddetto Risorgimento. Dall'esame di questa scheda ella si
potrà rendere conto che, alla fine, questi documenti restano
inaccessibili ai quivis de populo…Ricordo che il generale Poli l'11
marzo 1987 scrisse al vicepresidente della Commissione difesa della
Camera, l'onorevole Baraccetti, le seguenti parole:" Il problema
più generale del libero accesso all'ufficio storico nella realtà
non esiste, in quanto nel pieno rispetto e nell'osservanza del
decreto del Presidente della Repubblica n. 1409 del 30 settembre
1963, il suo archivio è aperto a tutti i ricercatori, italiani e
stranieri, senza remora o restrizione alcuna. Ne fanno fede le larghe
utenze fruite da grossi nomi del mondo accademico".
Sottolineo che tra questi "grossi nomi" non vi è nessun meridionale, nessuno studente, nessuno studioso attendibile. A fruire dei "permessi" sono stati e sono sempre i soliti scribacchini che fanno spendere centinaia di miliardi al contribuente italiano per consolidare le "puttanate" che gli storici prezzolati cominciarono a scrivere dal 1860 in poi, forti del solo merito di aver vinto!
Sottolineo che tra questi "grossi nomi" non vi è nessun meridionale, nessuno studente, nessuno studioso attendibile. A fruire dei "permessi" sono stati e sono sempre i soliti scribacchini che fanno spendere centinaia di miliardi al contribuente italiano per consolidare le "puttanate" che gli storici prezzolati cominciarono a scrivere dal 1860 in poi, forti del solo merito di aver vinto!
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