Il Porcellum è una legge elettorale
anticostituzionale perché toglie la sovranità al Popolo. I
cittadini non sono in grado di scegliere i candidati, perché con le
liste bloccate decidono solo i capi-partito. Ora non
possiamo scegliere chi votare ma solo cosa votare. Questioni
essenziali di democrazia, non c’entra la destra o la sinistra.
La legge n. 270 del 21 dicembre 2005è la legge che ha modificato
il sistema elettorale italiano delineando la disciplina attualmente in
vigore. È stata formulata principalmente dall'allora Ministro per le RiformeRoberto Calderoli, che in un'intervista televisiva la definì «una porcata». Proprio per questo venne denominata porcellum dal politologo Giovanni Sartori. Sostituì le leggi 276 e 277 del 1993 (cosiddetto Mattarellum), introducendo un sistema radicalmente differente.
Il nostro intero sistema democratico, basato sull'inganno e sulla
truffa legalizzata. Tutte le nostre leggi, scritte e approvate da un
parlamento, composto da politici che pensano di essere proprietari
dello Stato, mentre dovrebbero esserne solo i servitori, che vivono
al di sopra delle leggi e non danno nessun resoconto del loro misero
e squallido operato al popolo sovrano. Il Porcellum, questa
vergognosa legge elettorale, pone dei dubbi finanche sul senso della
democrazia, per la carenza di rappresentatività di chi viene
nominato (e non eletto) con le liste bloccate, non scelto attraverso
l'espressione della preferenza dal cittadino-elettore, spesso calato
dall'alto dalle segreterie e, in qualche caso, sinanco dopo aver
cambiato casacca un'ora prima della presentazione delle liste. Certo,
una legge elettorale non cambia un Paese, non rivoluziona un sistema
politico che è da cambiare soprattutto per altre vie. Migliora però
il rapporto tra cittadino ed eletto, restituisce un legame vero tra
il territorio, la gente e le Istituzioni, favorisce la governabilità
del Paese. La politica deve recuperare credibilità. Gli stessi
partiti politici, ormai in mano a ladri di professione, che non
rappresentano più nessuno e vivono solo per difendere i loro sporchi
interessi finanziari. L'intera informazione, che viola perennemente
l'art.21 della nostra carta costituzionale, e che continua
arrogantemente a darci la mistificazione della verità. Io metto in
discussione i sindacati, che nel nostro paese intrecciano patti
perversi con i poteri forti, a danno dei lavoratori, che dovrebbero
rappresentare.
Le Istituzioni
sono diventate i Notai dello Sfascio. Prendono atto, registrano,
evidenziano. Lo Stato si inabissa, ma con piena consapevolezza dei
Grandi Burocrati. I cittadini, come le stelle, stanno a guardare. (salvatore brosal)
PRESIDENTE. L'ordine del
giorno reca: Interpellanza e interrogazioni. Cominciamo dalla
seguente interpellanza: Il sottoscritto chiede di interpellare il
Ministro della Difesa, per sapere - constatato che vige tuttora il
più ostinato e pavido top secret di fatto su quasi tutti i documenti
comprovanti gli intenzionali bestiali crimini perpetrati dalla
soldataglia piemontese ai danni delle popolazioni, per lo più
inermi, delle "usurpate province meridionali" dal tempo
della camorristica conquista di Napoli a quello della cosiddetta
"breccia di Porta Pia" (praticata dai papalini dal di
dentro delle mura leonine?..): top secret voluto, evidentemente, dai
grandi custodi di quell'epoca di scelleratezze e di razzie che prese
il nome di "Risorgimento italiano" e della quale il sud
paga sempre più a caro prezzo le conseguenze; considerato altresì
che nell'assoggettato ex reame libero e indipendente va assumendo,
finalmente, sempre più vaste proporzioni quel processo di revisione
e di demistificazione della storia scritta dai vincitori (tuttora
ufficiale!) che dovrà fornire le motivazioni di fondo e lo stimolo
alle future immancabili rivendicazioni politiche delle colonizzate
regioni -: quando vorrà degnarsi di consentire il libero accesso
agli archivi dello stato maggiore dell'esercito italiano che
nascondono tuttora, in almeno duemila grossi volumi, documenti
fondamentali di natura non già soltanto militare (ordini, dispacci,
rapporti relativi a movimenti di truppa e ad esiti di combattimenti,
di imboscate e di raid repressivi e briganteschi), ma anche e
soprattutto di natura squisitamente politica: istruzioni riservate e
anche cifrate del governo subalpino a profittatori, luogotenenti,
prefetti, ufficiali superiori, sindaci, comandanti di guardie
nazionali; verbali di interrogatori eseguiti nelle carceri, nelle
caserme, presso le sedi municipali dagli aguzzini in uniforme che si
coprono di disonore nell'infame periodo delle leggi marziali e delle
sbrigative esecuzioni capitali; soffiate di spie e informazioni di
agenti segreti ai militari, distinte di requisizioni e di espropri
illegittimi con l'indicazione delle vittime; elenchi dettagliati dei
preziosi, dei contanti e degli oggetti d'arte o sacri razziati nelle
case, nei banchi pubblici, nei palazzi reali e nelle chiese;
concessioni, infine, di premi, cattedre universitarie o liceali,
sussidi una tantum o vitalizi a rinnegati, prostitute, delinquenti
comuni (camorristi) e profittatori dai nomi altisonanti trasformati
in "eroi puri" e beatificati o divinizzati nei sacri testi
della agiografia risorgimentale.2-1134) "Manna". (25
settembre 1990).
Angelo Manna
L'onorevole Manna ha facoltà di illustrare la
sua interpellanza n. 2-01134. Angelo MANNA. Rinunzio ad
illustrarla, signor Presidente, e mi riservo di intervenire in sede
di replica. PRESIDENTE. L'onorevole sottosegretario di Stato per
la difesa ha facoltà di rispondere. Clemente MASTELLA.
Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, onorevole
Manna, la mia risposta - me ne dispiace molto - è brevissima, per la
verità. L'accesso ai documenti sul brigantaggio custoditi presso lo
stato maggiore dell'esercito, contenuti in circa 140 contenitori e
non duemila, come si legge nell'interrogazione, è libero. Unica
formalità di rito è una richiesta scritta preventiva, necessaria
per regolare l'afflusso dei visitatori. I documenti sono già stati
utilizzati per realizzare opere edite. PRESIDENTE. L'onorevole
Manna ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la sua
interpellanza n. 2-01134.
Clemente Mastella: sottosegretario alla Difesa, la voce del pappagallo
Angelo MANNA. Signor Presidente, non
credo di potermi dichiarare soddisfatto per la risposta fornitami
dall'onorevole sottosegretario, che avrei preferito non vedere
stasera in quest'aula per il fatto che sono suo conterraneo e so
benissimo quanto è costato ai suoi antenati vivere a Ceppaloni, a un
tiro di schioppo da Casalduni e Pontelandolfo, terre ancora oggi
maledette, terre di briganti, come furono definite, con tanto di
carta protocollo e timbri dal regno unitario, nel 1861. Della
risposta che a nome del governo si è degnata di dare alla mia
interpellanza, ella è stato soltanto - mi scusi - la voce: e
neppure la voce dell'attore, ma - mi consenta - quella del pappagallo
(non ce l'ho con lei personalmente), perché quale rappresentante del
Governo ella si è informata sommariamente e si è accontentata della
solita risposta evasiva, degna soltanto della massima commiserazione,
vista che a fornirgliela sono stati alti ufficiali di un esercito che
è proprio quello che io mi sono sforzato di descrivere per 35 anni,
degno erede di quello sardo-piemontese. Quello che è peggio, signor
sottosegretario, è che, lungi dall'aver risposto in maniera neppure
evasiva, ella ha prestato la sua voce di pappagallo ad uno stantio e
puzzolente copione che, scritto male e stampato peggio, è quello che
la solita combriccola dello stato maggiore dell'esercito italiano
rabbercia e stiracchia a piacimento da più di un secolo, e da più
di un secolo riesce ad imporre finanche ai rappresentanti del Governo
dello Stato unitario, perché ad esso possono prestare soltanto la
voce, e neppure quella dell'attore: quella del pappagallo. Per carità
di greppia? No! Per carità di patria. Sì!
Certo: l'ufficio storico
dello stato maggiore dell'esercito italiano è l'armadio nel quale la
setta tricolore conserva e protegge i suoi risorgimentali scheletri
infami; conserva e protegge le prove delle sue gloriosità sempre
abiette; conserva e protegge le prove che nel 1860 l'esercito
italiano calò a tradimento nel Regno di Napoli e si comportò,
secondo il naturale dei suoi bersaglieri e carabinieri, da orda
barbarica; conserva e protegge le prove che Vittorio Emanuele II di
Savoia, ladro, usurpatore ed assassino - e perciò galantuomo -
nonché il suo protobeccaio Benso Camillo, porco di Stato - e perciò
statista sommo - ordinarono ai propri sadici macellai di mettere a
ferro e a fuoco l'invaso reame libero, indipendente e sovrano e di
annetterlo al Piemonte grazie ad un plebiscito che fu una truffa
schifosa, combinata da garibaldesi, soldataglia allobrogica e camorra
napoletana.
Vittorio Emanuele II di Savoia, ladro, usurpatore e assassino
L'ufficio dello stato maggiore dell'esercito italiano è
l'armadio nel quale l'unificazione tiene sotto chiave il proprio
fetore storico: quello dei massacri bestiali, delle profanazioni e
dei furti sacrileghi, degli incendi dolosi, delle torture, delle
confische abusive, delle collusioni con Tore e Crescienzo
(all'anagrafe Salvatore De Crescenzo) e con la sua camorra, degli
stupri di fanciulle, delle giustizie sommarie di cafoni miserabili ed
inermi, delle prebende e dei privilegi dispensati a traditori,
assassini e prostitute, come la famigerata Sangiovannara, De
Crescenzo, anch'essa, per l'anagrafe… Quali studiosi hanno potuto
aprire questi armadi infami, signor sottosegretario? I crociati
postumi, gli scribacchini diventati cattedratici per aver saputo
rinnegare la propria origine e per aver saputo rinunciare alla
ricerca della verità storica, per aver dimostrato di saper essere i
sacerdoti del sacro fuoco del mendacio. Signor Presidente, per
favore, si giri: guardi il pannello alle sue spalle. E' falso, è un
falso storico! L'ho detto e ridetto sette anni fa: alle urne, nel
Regno di Napoli invaso, si presentò solo l'1,9 per cento! Come si
ebbe, allora, un milione di voti? Mauro MELLINI. Si fece con la
tecnica dell'8 per mille! Angelo MANNA. Sapessi a quante tecniche
si fece ricorso!
Adolfo Sarti, presidente pro tempore della Camera dei deputati
PRESIDENTE. Onorevole Manna, mi consenta di
interromperla. Le prometto che detrarrò dal computo del tempo a sua
disposizione quello utilizzato per il mio intervento. Vorrei che lei
sapesse che l'ascolto: anch'io mi considero un modesto cultore delle
memorie storiche. Naturalmente, mi sono fatto un'opinione precisa,
anche perché ho un'età purtroppo più avanzata della sua. Angelo
MANNA. Non è colpa sua, né merito mio… PRESIDENTE. Mi consenta
di farle una piccola raccomandazione sul linguaggio. Non mi
permetterei mai di entrare in un dibattito storiografico di tanto
interesse. La invito soltanto a quella moderazione di linguaggio per
la narrazione di eventi drammatici, che pure appartengono in qualche
modo alla storia d'Italia. Ne guadagnerà anche l'obiettività, la
serenità e l'austerità di quest'aula. Angelo MANNA. La
ringrazio, signor Presidente. Accetto comunque la sua raccomandazione
anche perché so che lei, da buon piemontese serio, ha letto i testi
scritti sull'altra sponda e quelli del suo generale piemontese (una
persona perbene) il Bertoletti, che ha scritto Il Risorgimento visto
dall'altra sponda: un testo che io stesso curai quando l'editore
napoletano Arturo Berisio volle ripubblicarlo, una trentina di anni
fa. PRESIDENTE. Conosco perfettamente questo genere letterario e
le voglio ricordare che una casa editrice piemontese, che anche posso
nominare… Angelo MANNA. Io le dirò che è stato ristampato a
Napoli. PRESIDENTE. …nell'immediato secondo dopoguerra presentò
una raffigurazione della storia d'Italia più problematica di quella
esposta nei testi ufficiali. Mi riferisco ad un testo aureo che credo
lei abbia ben presente, e che è L'Alfiere di Alianello. Angelo
MANNA. La ringrazio per la citazione. Alianello è uno dei miei sacri
evangelisti. Clemente MASTELLA, sottosegretario di Stato per la
Difesa. Visto l'andamento della discussione, il Governo non c'entra!
E' un dialogo fra di voi. Angelo MANNA. I piemontesi "buoni",
voglio dire onesti, ci sono sempre stati, ed anche a quel tempo. Uno
per tutti il generale Covone, fior di galantuomo, che però ebbe il
torto di mettersi troppe volte sugli attenti di fronte ad una
canaglia come Cialdini e a emeriti cialtroni come Fanti, Della Rocca,
Pinelli. Li vogliamo nominare tutti i cattivi? Non la finiremmo più!
Certo, signor Presidente, anche qualche generale italiano è stato
preso di recente dalla fregola della ricerca storica. E quello che è
riuscito a capire, a scrivere e a dare alle stampe, è stato ed è mi
consenta, signor Presidente - roba da storico voltastomaco.
Il
generale Oreste Bovio, che dal 1980 al 1982 ha retto l'ufficio
storico dell'esercito italiano, ha osato pubblicare nel 1987,
naturalmente a spese dello Stato, quanto segue:"Non può
ragionevolmente essere fatto alcun addebito all'ufficio storico
dell'esercito per non aver sentito la necessità di analizzare un
comportamento delle unità impiegate nella lotta al brigantaggio.
Quale importanza potevano avere allora piccoli scontri con briganti e
predoni?". Povera storia, signor Presidente! Poveri cafoni
meridionali, povera questione ardente, agraria, sociale! Povero
Pasquale Villari, povero Antonio Gramsci, povero Guido Dorso, povero
Gaetano Salvemini, povero Franco Molfese! Povera questione
meridionale! Voglio supporre che questo Oreste Bovio sia stato
gratificato abbastanza, magari con diplomi medaglie e mance
competenti, dalla setta allobrogo-ligure-longobarda alla quale ha
mostrato di sapere tanto bene reggere il sacco. E voglio sperare che
le varie leghe nordiste, tanto care al liberalcapitalismo
(gratificato a dovere dal "negrierismo" a basso costo
sacramentato dalla legge Martelli) vorranno tenere presente, nelle
loro antistoriche confutazioni della storia, questo pagliaccio di
generale che, loro involontario profeta, con pochi tratti di penna
pagatigli dallo Stato, ha annullato gli orrori dei massacri contadini
meridionali da parte dell'orda assetata di sangue e di bottino, ed ha
creduto che il clòu della questione meridionale - la sua bestiale
conseguenza e cioè l'emigrazione in massa, come "cacciata dei
cafoni" dalle proprie terre - fosse una fola inventata da
revanscisti borboniani, o capricci di meridionali dediti al
girovaghiamo per essere nati con la spiccata tendenza al turismo.
Certo, negli armadi dello stato maggiore vi saranno anche le prove
del fatto - ormai provato abbastanza - che, se a partire dal 1860,
alla sua prima uscita, il regno unificato scrisse pagine vergognose
ed abiette, non si rifece affatto nella prima guerra mondiale e toccò
il fondo nella seconda, quando tradì nel 1914 la Triplice e quando,
trent'anni dopo, tradì Germania e Giappone ed accorse in aiuto del
vincitore anglo-franco-americano e si fece finanche stuprare,
eroicamente, si capisce, dai marocchini. Ma noi del Sud - che non
intende subire ulteriormente il danno della colonizzazione tendente
all'assoggettamento totale e la beffa della distorsione premeditata
dei fatti storici, che la sua colonizzazione determinò - non
interessano le bubbole che i vestali del sacro fuoco del mendacio
tricolore fanno propalare anche ad un sottosegretario di stato, nella
certezza che, per carità di patria, anche egli, come i suoi
predecessori, non disdegni di farsi complice loro nel servire la
mistificazione e i suoi profeti abietti.
Michelina De Cesare, stuprata e massacrata dai piemontesi
L'ufficio storico
dell'esercito italiano custodisce e protegge le prove storiche che
quella sacra epopea, che fu detta Risorgimento, altro non fu se non
una schifosa pagina di rapine e di massacri scritta da un'orda
barbarica che, oltre la vita ed i beni, rubò al Sud e portò
nell'infrancesato Piemonte finanche il sacro nome d'Italia. Gli
armadi con gli scheletri infami, che riguardano la repressione del
cosiddetto brigantaggio - che fu epopea storica di decine di migliaia
di cafoni disperati - recano la catalogazione G11 e G3, e sono circa
150 mila i fogli che, contenuti in 140 dossiers, costituiscono la
prova documentale delle efferatezze subito dal Reame degradato a
feudo sabaudo, da disbattezzare, spremere, colonizzare e
sottomettere. Signor sottosegretario, signor Presidente, colleghi, io
non mi chiedo affatto se l'aspetto più vergognoso sia rappresentato
dal non già ottuso ma settario rifiuto da parte degli eredi della
soldataglia piemontese, ligure e lombarda di aprire gli armadi
infami, o se sia piuttosto rappresentato dall'acquiescenza, che è
omertà passiva, di un Governo che consente a dei soldati (che
possono solo gloriarsi di avere fatto carriera sul campo dell'eterna
battaglia delle lottizzazioni ingaggiata dai partiti democratici
egemoni) di gestire a piacimento una massa di documenti storici di
eccezionale valore e di concederli in visione a piacimento soltanto a
scrittorelli di indubbia fede antistorica, che non sprezzerebbero mai
il sacro giuramento ateo liberal-capitalistico di servire vita
natural durante il mendacio tricolore sul quale è fondata l'ancora
imperversante agiografia del cosiddetto Risorgimento.
Sulla questione
dell'ufficio storico dell'esercito italiano quattro anni fa Giorgio
Bocca scrisse su L'Espresso: "Sarebbe davvero troppo chiedere ai
militari di documentare e pubblicizzare le violazioni della morale
comune che il potere politico gli ha chiesto e ordinato". Il
Bocca non andò oltre, non so se per calcolo tricolorico o per
improvviso inceppamento del cervello. Oltre - me lo consenta, signor
Presidente - vado io. Affermando che il copione che i responsabili
dell'ufficio storico dell'esercito italiano rabberciano e
stiracchiano a piacimento e impongono persino ad un rappresentante
del Governo italiano affinché si compiaccia di prestare alle sue
battute soltanto la voce (neppure quella dell'attore, ma quella del
pappagallo), ha 131 anni e non può essere rimaneggiato, riveduto,
corretto, adattato ai tempi, adeguato alle necessità della storia.
Sarebbe troppo esigere dai militari l'apertura degli armadi nei quali
sono custoditi e protetti gli scheletri del cosiddetto Risorgimento.
Ma non perché mai e poi mai, signor Presidente, un esercito
ammetterebbe i crimini di cui si è macchiato per ordine di una
classe politica egemone. Tutti gli eserciti del mondo commettono
crimini orrendi, saponificando, napalmizzando, lanciando bombe
atomiche, chimiche, batteriologice, ed è umano che nessun esercito
sia disposto a mettere in piazza la propria disumanità e a produrne
l'inconfutabile prova documentale.
Nel nostro caso, però, si
tratterebbe di mettere in piazza che gli eroi del cosiddetto
Risorgimento furono dei criminali sull'orlo dell'asburgizzazione, e
che i loro sacri ideali fecero da paravento a uzzoli predatori e
sanguinari. Al grido di:"fuori lo straniero" gli eroi -
cioè i criminali - imposero ai rinnegati e agli spergiuri del Regno
di Napoli la cacciata di un re che era napoletano da quattro
generazioni e la distruzione di uno Stato libero, indipendente e
sovrano.
Ed al suo posto imposero un re che parlava francese e che
era il re più spergiuro e fellone e debitoso d'Europa, a prova di
storia. Nel nostro caso si tratterebbe di mettere in piazza che
l'annessione del reame napoletano fu un'operazione che senza
l'intervento della camorra non sarebbe riuscita. Furono i camorristi
di Salvatore De Crescenzo, "Tore e Crescienzo", a
presidiare i seggi nel corso del truffaldino plebiscito e ad
"uccidere di mazzate" i difensori timidi, pavidi, delle
ragione della monarchia nazionale borbonica. E furono ancora i
camorristi ad inchiodare con le bocche rivolte verso il mare i
cannoni che i fedelissimi della guardia nazionale (che si fregiava
della bandiera tricolore, signor Presidente) avevano puntato sulla
stazione ferroviaria dove, proveniente da Salerno, sarebbe arrivato
lui, il leone imbecille, Giuseppe Garibaldi.
Nel nostro caso, signor
Presidente, si tratterebbe di mettere in piazza che ai decennali
massacri belluini perpetrati dall'orda barbarica seguì
un'emigrazione che fu un'esplosione, a catena, che fu l'effetto della
raffica di calcioni tricolori sparata dal regno unitario nei fondelli
sfondati di coloro i quali avevano avuto l'infelice idea di scampare
ai massacri. In tal modo si renderebbero pubbliche finalmente le
cause vere della questione meridionale e si fornirebbero dunque ai
politici e ai sindacati di oggi, signor Presidente, le basi sulle
quali impiantare, finalmente, la fabbrica dei rimedi specifici. Nel
nostro caso, infine, si tratterebbe di mettere in piazza che
l'invasione, l'annessione e i massacri subiti dall'Emirato libero e
sovrano del Kuwait pochi mesi fa li subì il Reame di Napoli ad opera
di Saddam Hussein che si chiamava Vittorio Emanuele II, nel
1860… Mauro MELLINI. In fatto di poligamia certamente un
collegamento c'è! Angelo MANNA. …e che anche allora
l'invasione, l'annessione ed i massacri costituirono una violazione
del diritto internazionale… Ma noi non avevamo il petrolio, caro
Mellini. Avevamo soltanto l'oro, la dignità, l'onore… E, ciò che
contava, eravamo un'enorme piazza di consumo:un mercato di nove
milioni e mezzo di bocche!… E la comunità mondiale se ne stette
comodamente a guardare! E, quando fu raggiunta dagli urli di sdegno
degli uomini, e dai lamenti dei torturati, e dalle grida delle
fanciulle, stuprate - signor Presidente, lei che è un cultore di
storia - talvolta soltanto a colpi di baionetta, si affrettò a
chiudere finestre e balconi; infastidita, molestata dal rumore.
Signor sottosegretario, ho avuto dei rapporti con Falco Accade, che è
stato Presidente della Commissione Difesa nella IX legislatura, e con
i colleghi Edo Ronchi e Guido Pollice. Abbiamo spesso convenuto che
bisognerebbe trasferire la massa documentale di cui l'esercito è
tenutario e protettore dal 1856 (da quattro anni prima
dell'annessione del Regno di Napoli a quello piemontese:quindi da
quando non era esercito italiano ma esercito sardo-piemontese) presso
gli archivi di Stato. Ma - quanto volte ho dovuto eccepirlo - a ciò
non si opporrebbe l'esercito, ma tutti quei ministri i quali, pur di
continuare a far credere agli italiani la bella favola del cosiddetto
Risorgimento, non esitano a venire in quest'aula (o a frequentare
convegni, presiedere congressi) per prestare a copioni vetusti le
proprie voci nemmeno di attori, di pappagalli. E a rimetterci quel
po' di prestigio ministeriale, governativo e italiano, che ancora
avevano.
Enrico Cialdini, feroce e sanguinario generale al servizio dei Savoia, fece morire abbrustoliti gli abitanti di Pontelandolfo e Casalduni
Signor sottosegretario, nell'esprimere queste affermazioni -
e le chiedo perdono se da conterraneo, involontariamente, l'ho offesa
- vorrei precisare che per dichiararmi soddisfatto della sua risposta
dovrei aver fatto finta di non aver letto tutte le analoghe risposte
fornite dai ministri Spadolini e Zanone prima ancora che da lei.
Risposte tutte uguali: e tutte bugiarde! Onorevole sottosegretario,
se lo gradirà, potrò darle una copia degli atti del convegno sul
brigantaggio meridionale svoltosi a Cerreto Sannita nel 1986. Tra i
suoi documenti vi è la scheda con la quale gli studiosi possono
chiedere l'accesso alla massa documentale riguardante il brigantaggio
e il cosiddetto Risorgimento. Dall'esame di questa scheda ella si
potrà rendere conto che, alla fine, questi documenti restano
inaccessibili ai quivis de populo…Ricordo che il generale Poli l'11
marzo 1987 scrisse al vicepresidente della Commissione difesa della
Camera, l'onorevole Baraccetti, le seguenti parole:" Il problema
più generale del libero accesso all'ufficio storico nella realtà
non esiste, in quanto nel pieno rispetto e nell'osservanza del
decreto del Presidente della Repubblica n. 1409 del 30 settembre
1963, il suo archivio è aperto a tutti i ricercatori, italiani e
stranieri, senza remora o restrizione alcuna. Ne fanno fede le larghe
utenze fruite da grossi nomi del mondo accademico". Sottolineo
che tra questi "grossi nomi" non vi è nessun meridionale,
nessuno studente, nessuno studioso attendibile. A fruire dei "permessi"
sono stati e sono sempre i soliti scribacchini che fanno spendere
centinaia di miliardi al contribuente italiano per consolidare le
"puttanate" che gli storici prezzolati cominciarono a
scrivere dal 1860 in poi, forti del solo merito di aver vinto!
Jacob Rothschild: La Bestia Malefica,
colui che comanda in Italia insieme a Rockefeller.
La setta del male è stata scoperta. Le
persone che ne fanno parte sono a noi ormai note. Non ce l'hanno
fatta a tenere nascosti tutti i loro crimini. I loro omicidi sono
ormai conosciuti. Sono note anche le loro facce e il loro sistema
fondato sul male sta per scoppiare. Noi vinceremo e spazzeremo via
tutta la loro malvagità, solo con la nostra voglia di giustizia.
Questa marmaglia di gente infame che ha occupato abusivamente il
nostro parlamento e tutte le nostre istituzioni sta ormai delirando.
Questi criminali in giacca e cravatta, che si sono presentati sempre
come i salvatori della patria, non sanno più che inventarsi per
mantenere il loro malefico potere. Il loro sistema basato sulla
menzogna, sull'inganno e sulla truffa si sta sbriciolando. Neppure le
loro ingiuste, inique e folli leggi li salveranno. E non verranno
salvati neppure dai loro sicari e dai loro giornalisti prezzolati. La
verità avanza come un uragano e spazzerà via, proprio così come in
un tornado, tutto quello che hanno costruito contro il popolo, contro
la gente onesta. Le coscienze che finora hanno dormito nel fondo del
loro letto si stanno destando, e la nostra civilizzazione non sarà
più in mano ai loro servi fedeli. Anche questa pericolosa e
massonica “Unione Europea” si scioglierà come neve al sole.
Tutto sarà spazzato via. Saranno cancellati 152 anni di dittatura
voluta ed impostaci dalla famiglia criminale dei Rothschild. Basta
con presidenti del Consiglio, o
della Repubblica, voluti dalle banche, e quindi eletti da nessuno.
Personaggi malefici che senza merito, vogliono rappresentare e
governare il popolo italiano. Basta con questi uomini indegni al
servizio dei poteri occulti che stanno distruggendo e svendendo il
nostro patrimonio e negando un futuro sereno ai nostri figli. Questi
criminali verranno fra poco processati perché, loro non lo sanno
ancora ma, noi abbiamo vinto. Finalmente siamo riusciti a capire chi
davvero è la Bestia. Per chi pensa che la destra sia di
contrapposizione alla sinistra, o viceversa, si sbaglia di grosso e
non ha ancora capito da dove provenga il male. I tuoi amici ed i tuoi
avversari vengono creati ad arte dalla Bestia: Jacob Rothschild. Se
non capisci chi e come ha lavato il tuo cervello fin dall'infanzia,
come fai a capire chi ha preso da due secoli il potere? Il
potere che hanno in mano lo gestiscono contro di te, contro la tua
famiglia, contro la tua fede, contro il tuo popolo, contro
l’Europa. Esiste un sistema di potere infame e occulto, così
ramificato nella cultura politica del nostro paese, che potrebbe
incorporare anche i più tranquilli politici che operano nei comuni
di provincia, come quelli dove vive la maggioranza dei
cittadini italiani. Le leggi occulte che regolano questo
sistema piramidale possiedono una forza di coercizione
straordinariamente efficace.
Basti notare che il divieto implicito di
contestare le scelte dei superiori, toglie ai sottomessi ogni
possibilità di autonomia. La
forma
piramidale serve proprio a garantire e ad imporre la volontà dal
vertice e, al tempo stesso, a soffocare ogni movimento di libertà
che potrebbe nascere dal basso, tra la gente normale come noi,
cittadini sempre meno inconsapevoli. Si tratta di un sistema
gestito di nascosto, antidemocratico, come denunciò lo stesso
presidente John Kennedy in un discorso del 1961, nel quale precisò
“che si sostiene principalmente su strumenti segreti,
sull'infiltrazione, sull'eversione e sull'intimidazione”. Quella di
agire occultamente, senza che nessuno sappia mai cosa fanno e come lo
fanno, è una scelta precisa della élite a capo di un Impero
Clandestino, che rispettano e fanno rispettare in modo risoluto. Al
vertice di questo impero clandestino ci sono gli uomini più
misteriosi del mondo, che da sempre operano nell’ombra. Sono i
Rothschild, i Windsor, i Rockefeller e uomini di altre famiglie dello
stesso lignaggio. E’ assolutamente fuori discussione che la
Massoneria costituisca nelle società attuali il principale sostegno
alle strategie sioniste di dominio universale. L’organizzazione, i
rituali e le stesse finalità della Massoneria sono difatti
un’emanazione e il prodotto meglio riuscito del Sionismo
internazionale di conquistare alla propria causa un più vasto numero
di adepti. Jacob Rothschild, è proprio lui la Bestia da abbattere. (brosal)
Questa notizia si sta diffondendo a
macchia d'olio sul web. Pare che il famoso cantante Rino Gaetano sia
stato assassinato, un delitto camuffato da incidente. Un grande
artista che si era ribellato al sistema e che perciò doveva morire.
Ribellarsi ai poteri forti ed occulti è quasi impossibile. Il potere
ha in mano tutti i modi per liberarsi dalle “persone scomode”.
Questo potere malefico, in mano a menti sataniche, ha ormai raggiunto
una incredibile perfezione per eliminare tutti coloro che si
ribellano al sistema che esso costruisce. Trovare le prove contro
questi assassini è difficile, ma chi è caparbio riesce a trovare il
modo ed attraversare la fitta rete che protegge questi criminali, e
scoprire i loro crimini. Le persone che si ribellano a questi poteri
occulti aumentano sempre di più, grazie anche al web che permettere
di comunicare e diffondere notizie tenute nascoste per lungo tempo.
Molti cascano nella trappola di questa gentaglia. Le promesse che ti
fanno sono allettanti: potere, denaro, conoscenza dei meccanismi
reali del potere. Ma il conto è salato, perché non si è più
liberi di fare ciò che si vuole, e si è in costante stato di
ricatto. In realtà alcuni provano a ribellarsi. Però chi si ribella
muore. La lista delle persone che si sono ribellate e che poi sono
state ammazzate è lunghissima: Enrico Mattei, Aldo Moro, Giovanni
Falcone, Paolo Borsellino, Ilaria Alpi... C'è chi si ribella
attraverso la musica come ha fatto Rino Gaetano e chi lo fa in modo
più strano mandando messaggi in bottiglia, sperando che questo tipo
di denuncia faccia il suo effetto.
Rino Gaetano
Dal blog di Paolo Franceschetti
(http://paolofranceschetti.blogspot.it/2008/12/blog-post.html)
Ricordo un'archiviazione vergognosa
che aveva a che fare con un soggetto che si era suicidato con "una
coltellata sulla schiena". Il magistrato archiviò dicendo delle
cose che li per li mi parvero incomprensibili; mischiava citazioni di
Dante a frasi demenziali del tipo "la prova che si sia trattato
di un suicidio è nel fatto che sul coltello piantato nella schiena
furono trovate le impronte digitali della vittima". Dopo anni di
rabbia in cui non capivo l'assurdità di quel provvedimento, ho
capito che la citazione di Dante era un chiaro riferimento alla legge
del contrappasso, utilizzata dalla Rosa Rossa per i suoi omicidi.
Mentre con la frase in cui parlava delle impronte digitali voleva
dire esattamente il contrario.... Tra l'altro fu uno dei
provvedimenti il cui studio e la cui lettura approfondita mi hanno
permesso di arrivare alla regola del contrappasso da noi descritta
negli articoli sull'omicidio massonico. A mio parere si trovano
molti messaggi in bottiglia anche in molti libri, articoli di
giornale, e opere attuali, ma evitiamo di indicarli per non mettere
in pericolo le persone coinvolte.
Rino Gaetano era una di
queste persone che si erano ribellate al sistema in modo vistoso. Non
poteva denunciare il sistema direttamente, perchè non gli avrebbe
dato voce nessuno, allora lasciò una serie di tracce nelle sue
canzoni, che sarebbero state raccolte dalle generazioni successive.
Rino Gaetano ci parla della Rosa Rossa, dei crimini commessi dai
potenti, dei meccanismi segreti di questa associazione e dei loro
metodi. Vediamone qualcuna.
Le canzoni.C’è
un album di Rino, in particolare, che pare dedicato proprio alla Rosa
Rossa. Nello stesso album, infatti troviamo ben tre canzoni: Rosita,
Cogli la mia Rosa d’amore, e Al compleanno della zia Rosina. Una
trilogia a nostro parere non casuale.
In Rosita ci dice che la
Rosa Rossa, quanto te la presentano, sembra bellissima... onori,
gloria, soldi, potere... poi però un giorno scopri la verità. E
allora la tua vita cambia completamente perchè sei in trappola. Ieri
ho incontrato Rosita, perciò questa vita valore non ha, Come era
bella rosita di bianco vestita più bella che mai.
Nella
canzone “Al compleanno della zia Rosina” ci spiega che nel
linguaggio criptato della Rosa Rossa, Santa Rita è in realtà la
Rosa Rossa; e ci spiega che un giorno capiranno che sta svelando
questi messaggi, e quindi lo uccideranno.
La vita la vita, e Rita s'è sposata, al
compleanno della zia Rosina. Vedo già la mia salma portata a
spalle da gente che bestemmia e che ce l'ha con me.
Questa frase apparentemente incomprensibile vuole
dire probabilmente che gli appartenenti alla massoneria rosacrociana
della Rosa Rossa al suo funerale porteranno a spalla la sua bara (ai
funerali delle vittime i mandanti sono sempre presenti tra i
partecipanti); ma bestemmieranno, perchè in realtà una
caratteristica della massoneria della Rosa Rossa è di stravolgere i
simboli e i riti Cristiani per interpretarli al contrario.
Infine,
in “Cogli la mia rosa d’amore” lancia un messaggio molto
chiaro:
cogli la mia rosa d’amore,
regala il suo profumo alla gente;
cogli la mia rosa di niente.
Non
credo sia un caso anche il titolo del disco: "mio fratello è
figlio unico", perché sapeva che questo scherzetto gli sarebbe
costato la vita.
Nella canzone “Nun Te Reggae più” parla
della spiaggia di Capocotta. E, ad un concerto, disse:
"C'è qualcuno che vuole mettermi il
bavaglio. Io non li temo. Non ci riusciranno. Sento che in futuro le
mie canzoni saranno cantate dalle prossime generazioni. E che grazie
alla comunicazione di massa, capiranno cosa voglio dire questa sera!
Apriranno gli occhi e si chiederanno cosa succedeva sulla spiaggia di
Capocotta".
Vediamo cosa succedeva nella spiaggia di Capocotta,
prendendo le notizie da Wikipedia.
La spiaggia di Capocotta.
OMICIDIO
DI WILMA MONTESI (1953, vigilia di Pasqua). La vicenda coinvolse il
musicista Piero Piccioni, figlio del vicepresidente del consiglio
della DC, e altri noti esponenti della nobiltà, politici e
personaggi famosi... Inizialmente fu presa in considerazione
l'ipotesi di un banale incidente, ipotesi che fu considerata
attendibile dalla polizia, e il caso venne chiuso. I giornali,
L'Espresso su tutti, invece si mostravano scettici.
Il Roma,
quotidiano monarchico napoletano, il 4 maggio cominciò ad avanzare
l'ipotesi di un complotto per coprire i veri assassini, che sarebbero
stati alcuni potenti personaggi della politica; l'ipotesi presentata
nell'articolo Perché la polizia tace sulla morte di Wilma Montesi? a
firma Riccardo Giannini ebbe largo seguito.
A capo di questa
campagna stampa, vi erano prestigiose testate nazionali, quali
Corriere della Sera e Paese Sera, e piccole testate scandalistiche,
quali Attualità, ma la notizia si diffuse su quasi tutte le testate
locali e nazionali.
Il 24 maggio del 1953 un articolo di Marco
Cesarini Sforza pubblicato sul giornale comunista Vie Nuove creò
molto scalpore: uno dei personaggi apparsi nelle indagini e
presumibilmente legati alla politica, sinora definito "il
biondino", venne identificato con Piero Piccioni.
Piccioni
era un noto musicista jazz (col nome d'arte Piero Morgan), fidanzato
di Alida Valli e figlio di Attilio Piccioni, il Vicepresidente del
Consiglio, Ministro degli Esteri e massimo esponente della Democrazia
Cristiana.
Il nome di "biondino" era stato attribuito al
giovane da Paese Sera, in un articolo del 5 maggio, in cui si
raccontava di come il giovane avesse portato in questura gli
indumenti mancanti alla ragazza assassinata. L'identificazione con
Piero Piccioni era un fatto noto a tutti i giornalisti, ma nessuno ne
aveva mai svelata l'identità al grande pubblico. Su Il merlo giallo,
testata neofascista, era addirittura apparsa già ai primi di maggio
una vignetta satirica in cui un reggicalze veniva portato in questura
da un piccione, un chiaro riferimento al politico e al delitto.
La
notizia suscitò clamore perché venne pubblicata poco prima delle
elezioni politiche del 1953.
Piero Piccioni querelò per
diffamazione il giornalista e il direttore del giornale, Fidia
Gambetti. Cesarini Sforza venne sottoposto ad un duro interrogatorio.
Lo stesso PCI, movimento di riferimento del giornale e unico
beneficiario dello scandalo, disconobbe il giornalista, che venne
accusato di "sensazionalismo" e minacciato di
licenziamento. (QUINDI ANCHE LO STESSO PCI SEMBRA VOLER COPRIRE E
INSABBIARE TUTTO... CHISSA' COME MAI?)
Nemmeno sotto
interrogatorio Cesarini Sforza citò mai direttamente il nome della
fonte da cui ufficialmente veniva la notizia, limitandosi ad
affermare che provenisse da "ambienti dei fedeli di De
Gasperi".
Anche il padre del giornalista, un influente
docente di filosofia all'Università degli Studi di Roma "La
Sapienza", suggerì al figlio di ritrattare, consiglio vivamente
sostenuto anche dal celeberrimo "principe del foro"
Francesco Carnelutti che aveva preso le parti dell'accusa per conto
di Piccioni.
L'avvocato di Sforza, Giuseppe Sotgiu (già
presidente dell'Amministrazione provinciale di Roma ed esponente del
PCI) si accordò col collega e il 31 maggio, Cesarini Sforza fu
costretto a ritrattare le sue affermazioni. Come ammenda, versò 50
mila lire in beneficenza alla Casa di amicizia fraterna per i
liberati dal carcere, ed in cambio Piccioni fece cadere l'accusa.
Il
6 ottobre 1953, sul periodico scandalistico Attualità, il
giornalista e direttore della testata Silvano Muto pubblicò un
articolo, La verità sul caso Montesi. Muto aveva condotto
un'indagine giornalistica nel "bel mondo" romano, basandosi
sul racconto di una attricetta ventitreenne che sbarcava il lunario
facendo la dattilografa, tal Adriana Concetta Bisaccia. La ragazza
aveva raccontato al giornalista di aver partecipato con Wilma ad
un'orgia, che si sarebbe tenuta a Capocotta, presso Castelporziano e
non distante dal luogo del ritrovamento. In quell'occasione avevano
avuto modo di incontrare alcuni personaggi famosi, principalmente
nomi noti della nobiltà della capitale e figli di politici della
giovane Repubblica Italiana.
Continuano ad essere ritrovati corpi
di donne su quella spiaggia.
Forse è questo che voleva dire Rino.
Non si riferiva solo al caso Montesi, ma a decine di altri casi che
evidentemente continuano a verificarsi a Capocotta... O forse voleva
dire che è una situazione "emblematica" di tutto quello
che succede in Italia. Ma sono solo nostre deduzioni.
Potremmo continuare perchè ci sono altre canzoni
molto più significative e piene di messaggi, come Gianna. Ma
terminiamo qui perchè per capire queste canzoni occorre avere una
conoscenza specifica di determinati fatti e situazioni.
Forse però non molti sanno che la canzone
Nuntereggaepiù, che nomina molti personaggi della politica, dello
spettacolo, dello sport, della televisione... è stata censurata.
Inizialmente infatti l'elenco conteneva, tra gli altri, i nomi del
finanziere Nino Rovelli, del banchiere Ferdinando Ventriglia, di
Camillo Crociani (scandalo Lockheed e loggia P2), di Amintore
Fanfani, di Guido Carli... e persino di Aldo Moro e Michele Sindona.
Questi nomi vennero cancellati dal testo della canzone. Evidentemente
perché ancora più scomodi di quelli che furono lasciati.
Un personaggio come Rino non poteva vivere a lungo,
e perse infatti la vita il 2 giugno del 1981 in un incidente d'auto.
Poco tempo prima, come abbiamo già raccontato altrove, aveva avuto
un incidente analogo, ma si era salvato. Aveva ricomprato un’ auto
identica ed ebbe un incidente dello stesso tipo; morì non tanto per
l'incidente in sè, quanto per il ritardo con cui fu curato perchè
negli ospedali della zona nessuno volle accoglierlo. Ben 5 ospedali
si rifiutarono di curarlo, così come lui aveva scritto in una sua
canzone, La ballata di Renzo. Cioè, è stata applicata ,nel suo caso
la regola del contrappasso di cui ci siamo occupati in altri
articoli.
La ballata di Renzo è un brano inedito, di cui
peraltro si scoprì l'esistenza solo qualche anno fa. Dunque,
all'epoca, solo gli "addetti ai lavori" (i produttori e le
persone che lavoravano insieme al cantante) erano a conoscenza di
quel brano. E solo chi conosceva la canzone poteva fare in modo che
si realizzasse nella pratica, e in modo così dettagliato.
Quando qualche anno fa uscì la notizia della
scoperta del brano inedito, i media si affrettarono subito a
definirla una "profezia". I giornali scrissero che ne La
ballata di Renzo "Rino aveva previsto e messo in musica, dieci
anni prima, la propria morte". Ma sarebbe invece più oppurtuno
affermare il contrario: la morte del cantautore è avvenuta
esattamente come nella sua canzone non perché quel brano fosse una
profezia, ma perché qualcuno l'ha usata per applicare la regola del
contrappasso.
Il film
Di recente la RAI ha
prodotto un film su Rino Gaetano.
Vediamo cosa dice la
presentazione ufficiale del film sul sito Rai.
"Ci sono film su personaggi della musica
che riescono a descrivere compiutamente lo spirito di un'epoca. È
questo l'obiettivo della fiction Rino Gaetano. Ma il cielo è sempre
più blu, una produzione Rai Fiction realizzata da Claudia Mori per
la Ciao Ragazzi. L'interesse per Rino Gaetano e per la sua musica
si è riacceso negli ultimi anni, soprattutto tra i giovani, al punto
di farne una figura di culto oltre la sua epoca. La fiction, che
racconta in due puntate la sua biografia e la genesi delle canzoni
più popolari, è uno spaccato della sua generazione, e trasmette un
messaggio che può valicare i confini nazionali italiani, perché
ancora oggi modernissimo".
In realtà guardando il
film si capisce che è stato scritto al solo scopo di infangare
l’immagine del cantautore. La sorella di Rino e la ex fidanzata,
intervistate, diranno che il film racconta qualcun altro rispetto al
protagonista. Quello non era Rino, non era la storia d'amore tra lui
e la fidanzata.
Vediamo perchè.
Anzitutto il film si apre
con la scena di lui che sviene per aver bevuto troppo. E si chiude
con le immagini di lui, ubriaco, che vaga senza meta alla ricerca di
amici che oramai lo hanno abbandonato. Il messaggio è chiaro. Era un
ubriacone.
Altre scene salienti del film sono queste:
1)
Dopo aver chiesto alla fidanzata di accompagnarlo a Stromboli per
scrivere una canzone, dopo alcuni giorni in cui non combinava nulla
tranne trattare male gli amici musicisti, e ubriacarsi continuamente,
inveisce contro la fidanzata e la tratta male dicendo che non si
sente capito
2) Geniale poi come presentano il suo rapporto con
le donne. Si fidanza. Mette le corna alla ragazza (Irene) con un
altra ragazza, stupenda e che lo adora, di nome Chiara. Irene li
scopre a letto e lui che fa? Esce dalla stanza, parla con Irene e le
dice “non preoccuparti, era solo una scopata”. Poi abbandona
Chiara senza dirle una parola nè salutarla, dopo giorni di idillio
romantico. Dopo qualche anno incontra nuovamente Chiara. Mette
nuovamente le corna alla fidanzata e abbandona nuovamente Chiara,
ancora una volta senza una spiegazione e senza una parola. Verso la
fine del film, abbrutito dall’alcol e senza una meta, tenta di
recuperare il rapporto con Chiara e con Irene (tutte e due in
contemporanea), ma entrambe lo abbandonano. Per giunta tenta di
baciare Chiara proprio un giorno che lei lo trova ubriaco già al
mattino presto. Chiaro è il messaggio: Gaetano era un superficiale.
3) Altrettanto geniale poi come viene delineato il
suo rapporto col padre. In una delle scene clou del film lui,
all’apice del successo, mostra una casa al padre, ma il padre la
rifiuta, perché non vuole la sua elemosina. E lui risponde
arrabbiato “ma come, finalmente ora possiamo permetterci una casa
come la gente normale e non uno schifoso sottoscala”. Il messaggio
qui è molto sottile ed è duplice: la gente che vive in un
sottoscala non è normale. Un sottoscala fa schifo. Ma dietro a
questo messaggio ce n’è un altro, molto più sottile: Gaetano,
come tutti, una volta che ha avuto un po’ di soldi e si è
arricchito, non ha più rispetto per le condizioni della gente più
povera che infatti viene definita “non normale”. E infatti
rinfaccia al padre di essere un poveraccio: "io non volevo
diventare come te e ci sono riuscito... non vi voglio più vedere in
quel sottoscala schifoso.. e aggiunge: "sei orgoglioso come
tutti gli ignoranti". Dopodichè al padre prende anche un
infarto. Quando il padre uscirà dall'ospedale Rino ancora una volta
lo tratterà malissimo e gli causerà un altro malore. In altre
parole, lo descrivono come un pessimo personaggio, indelicato e
ignorante che arriva a far ammalare il povero padre.
Altro
aspetto curioso del film è che Rino ha una sorella, che nel film
però non compare mai. Non compare mai neanche quando, nella parte
finale del film, bussa alla porta di tutti gli amici, ubriaco e
disperato, lasciato solo da tutti. Strano che Rino quel giorno non
abbia pensato di telefonare anche alla sorella no?
Come è
strana un'altra circostanza. Rino morì pochi giorni prima del suo
matrimonio. Doveva sposarsi. In questo indegno e vergognoso film,
invece, l'ultima scena del film mostra lui disperato e abbandonato da
tutti.
Nessun cenno alla figura della sorella. Nessun cenno
al matrimonio, ma anzi, viene presentata una fattispecie
completamente opposta.
Insomma, per essere un film che voleva
valorizzare la figura del cantautore, la trama presenta tali e tanti
inesattezze, buchi ed omissioni, che rimane una sola certezza: che il
film è stato fatto unicamente per oscurare le ragioni della sua
morte e il valore delle sue canzoni. Per infangarne la memoria
quindi. Chi ha prodotto il film, inoltre, ha appositamente evitato di
inserire la figura della sorella, forse perchè è l'unica della
famiglia rimasta ancora viva, e che avrebbe potuto creare guai
giudiziari agli autori del film se la sua immagine fosse apparsa
troppo deformata dalla fiction.
In conclusione, cosa rimane
dopo la visione del film? L’idea che fosse un ubriacone, anche
egoista, non troppo intelligente, che ha scritto canzoni superficiali
e senza senso.
Così non ci si stupisce se muore in un incidente.
E se un giorno qualcuno dirà che è stato ucciso, la gente dirà:
"ucciso? ma come? Era stato un incidente perchè beveva ed era
ubriaco". Come succede per Pantani: "era un drogato, si è
suicidato". Che poi le perizie abbiano dimostrato che il suo
cuore era intatto non conta, per questo mondo dei mass media
asservito ad una criminalità senza scrupoli. E che la sorella e la
fidanzata di Rino dicano che quello non era Rino, che conta?
L'obiettivo è riuscito. Milioni di italiani lo considerano un
ubriacone che scriveva canzoni senza senso.
Il film è stato
confezionato ad arte probabilmente per screditare la figura di un
artista, proprio in un periodo particolare, ovverosia gli anni in
cui, a seguito dei delitti del mostro di Firenze, si comincia a
parlare della Rosa Rossa e dei suoi delitti.
D'altronde, una
bella coincidenza che il film sia prodotto dalla Ciao Ragazzi,
società che porta, guarda caso, l'acronimo dei RosaCroce e di
Cristian Rosenkreutz (CR).
Di recente poi è uscito un dvd "Figlio unico",
uscito insieme alla raccolta il 02.11.2007. Giorno dei morti e data a
somma 13. Un altro bello scherzetto combinato ai danni di Rino. Tanto
per mettere di nuovo una firma, se ce ne fosse bisogno. Il dvd
contiene molti filmati, tra cui questo con Morandi:
http://it.youtube.com/watch?v=F3CnwSnhW3E
Rino a un certo punto dice: "Io conosco anche
il profumo dei ministri". Una frase senza senso per i più. Un
non sense, appunto, di quelli tipici di Rino. E invece no. Infatti
Morandi si guarda intorno impaurito e cambia subito discorso,
spostandosi di nuovo sull'ironia. "Qui non possiamo parlare di
ministri, parliamo solo di canzoni. No, ma parliamo della tua
ironia".
Ma noi che conosciamo il sistema, riteniamo che
il film sia l’ulteriore vittoria di Rino Gaetano. Rino era così
grande e così bello, che hanno cercato di distruggerlo anche da
morto. Perché indubbiamente le sue canzoni, come del resto aveva
predetto anche lui, fanno più paura ora che quando era vivo. Ora
infatti le possiamo capire.
E a Venditti che, in questi ultimi
tempi, ha affermato che la causa della morte di Rino è stata la
cocaina (se ne è ricordato dopo quasi trenta anni) possiamo
rispondere una cosa. Strano, Antonello, che ti ricordi dopo tanti
anni della cocaina. In realtà la sai bene quale è la verità: lui
ha avuto quel coraggio che pochi hanno, di andare contro il sistema
fino a farsi uccidere per non rinnegare i suoi ideali. Quel coraggio
che molti di quelli che oggi hanno successo certamente non hanno
avuto.
La ballata di Renzo
Quel giorno Renzo uscì,
andò lungo quella strada
quando un’auto veloce lo investì
quell'uomo lo aiutò
e Renzo allora partì
verso un ospedale che lo curasse per guarìr.
Quando Renzo morì io ero al bar
La strada era buia
si andò al San Camillo
e lì non l'accettarono
forse per l'orario
si pregò tutti i Santi
ma s'andò al San Giovanni
e lì non lo vollero per lo sciopero
Quando Renzo morì
io ero al bar era ormai l'alba andarono al
policlinico