Proprio perché la Storia la scrivono i
vincitori in Italia si continua a festeggiare dal 25 aprile 1945 una
sconfitta. Ma io mi dissocio da questi festeggiamenti che ricordano
solo massacri e ingiustizie. Spero solo che finalmente venga scritta
la verità e non vengano più propagandate le menzogne dei vincitori,
che ancora oggi muovono le fila dell'intera politica ed economia
italiana.
La stampa, come tutta la “nazione Italia” è in mano ad
un potere occulto criminale, che ci dà in pasto solo una
informazione mistificata. E' ora di iniziare, anche se
amaramente, un'amara, ma necessaria, riflessione storica. Ecco perché
riporto per intero un articolo di Paolo Deotto, che dovrebbe aiutarci
a riflettere davvero sulla nostra recente storia passata.
25 APRILE. BREVI RIFLESSIONI SUGLI
ASPETTI SURREALI DI UN PAESE CHE FESTEGGIA UNA SCONFITTA – Di Paolo
Deotto - Premessa: in questo articolo sono citati in colore blu i nomi di diversi
Autori. Cliccando su di essi verrete rimandati ai loro articoli, o a
recensioni dei loro libri.
nella ferocia non c’è nulla di onorevole. Solo odio e barbarie I corpi di Mussolini, che era stato ucciso a Giulino di Mezzegra il 28 aprile 1945, di Claretta Petacci e di altri esponenti della Repubblica Sociale Italiana, arrivati a Milano la sera stessa, vennero esposti in piazzale Loreto verso le 3 della notte. |
Poche parole sull’ennesima stanca
liturgia del 25 aprile. Due motivi spingono a parlarne ancora: un minimo
di rispetto per la verità storica, perché un popolo che non conosce il
proprio passato, o al quale questo passato è nascosto e falsificato, è
un popolo senza futuro; e inoltre l’aver letto che anche oggi, 25 aprile
2012, non è mancato chi ha fatto polemiche perché qualcuno ha commesso
il “crimine” di commemorare anche i caduti della Repubblica Sociale
Italiana.
L’argomento della guerra civile merita
ben più pagine, e penne ben più capaci della mia. Il mio modesto passato
di storico mi consente però alcune precisazioni, che ritengo siano
dovute, perché la falsificazione è già negativa in sé stessa, ma se
serve a perpetuare l’odio e la confusione tra bene e male diviene, oltre
che negativa, anche criminale.
Le precisazioni.
L’Italia uscì sconfitta dalla seconda
guerra mondiale. Sembra una banalità, tutti lo sappiamo, ma invece è
necessario ricordarlo, perché in genere si “festeggia” una vittoria.
Inoltre, non scordiamoci neanche questo, l’Italia conobbe due anni di
guerra fratricida, la guerra civile che insanguinò il Paese dalla fine
del 1943 fino a una data che è difficile fissare, perché ancora nei
primi anni 50 si consumarono crimini legati al clima di odio scatenato
nel periodo che si è voluto consegnare alla Storia col nome di
“resistenza”.
Altra precisazione utile: l’Italia fu liberata dai tedeschi grazie all’intervento delle truppe alleate (vedi: PAOLO GRANZOTTO,
“Non i partigiani, ma gli americani ci liberarono”). Si vuole
maliziosamente scordare il dibattito che si sviluppò sull’opportunità di
una resistenza “passiva” al fascismo e ai tedeschi, e non aggressiva,
come vollero e imposero comunisti e azionisti, e che peraltro non fu
influente dal punto di vista militare. Nel primo caso si sarebbe evitato
proprio di scavare quel solco di odio che invece da decenni avvelena la
vita civile italiana. Al proposito, vedi “Fu vera gloria?”, intervista
ad AUGUSTO DEL NOCE.
Inoltre: le bande partigiane nacquero
principalmente dalle formazioni militari sbandate dopo l’8 settembre
1943, lasciate senza ordini dal Re e dal governo Badoglio, fuggiti a
Brindisi per sottrarsi ai tedeschi. La vulgata però ci ha sempre fornito
una versione distorta, di una “resistenza” come “spontaneo moto
popolare” con la guida principale del Partito Comunista. Le formazioni
comuniste (Brigate Garibaldi e GAP) condussero una guerra loro propria,
che aveva finalità di egemonia politica e di sovietizzazione
dell’Italia, come dimostrato dalle numerose azioni condotte non solo
senza il consenso del CLN, ma anche contro formazioni partigiane non
comuniste. Le azioni terroristiche dei GAP ebbero poi l’effetto di
scatenare rappresaglie tedesche (più raramente fasciste) e di imporre
così alle popolazioni civili ulteriori sofferenze e lutti.
Poiché però ogni anno dobbiamo assistere
alla monopolizzazione delle “celebrazioni” del 25 aprile da parte
dell’ANPI, associazione di ispirazione comunista, che pretende di
rilasciare patenti di dignità politica, con giudizio insindacabile, sarà
bene ricordare solo alcuni dei crimini comunisti che insanguinarono
l’Italia in quel periodo sciagurato, che non ebbero alcun valore
militare, ma che servirono solo a seminare odio, dolore e morte.
Da quale pulpito viene dunque la predica?
Ecco un breve e incompleto elenco:
Strage di Porzus: 7
febbraio 1945, mercoledì, alle 14.30. Nelle malghe di Porzus, due
casolari sopra Attimis, in provincia di Udine, ha sede il comando Gruppo
brigate est della divisione Osoppo, formata dai cosiddetti “fazzoletti
verdi” della Resistenza, partigiani cattolici, azionisti e indipendenti.
Giungono in zona cento partigiani comunisti, agli ordini di Mario
Toffanin (nome di battaglia Giacca) sotto le false spoglie di sbandati
in cerca di rifugio dopo uno scontro con i nazifascisti. In realtà, è
una trappola: alla malga vengono uccisi il comandante della Osoppo,
Francesco De Gregori (nome di battaglia Bolla), il commissario politico
Enea, al secolo Gastone Valente, una giovane donna sospettata di essere
una spia, Elda Turchetti e un giovane, Giovanni Comin, che si trovava a
Porzus perché aveva chiesto di essere arruolato nella Osoppo. Il
capitano Aldo Bricco, che si trovava alle malghe perché doveva
sostituire Bolla, riesce a fuggire e salva la vita perché i suoi
inseguitori, dopo averlo colpito con alcune raffiche di mitra, lo
credono morto.
Altri venti partigiani osovani vengono
catturati e condotti prima a Spessa di Cividale e poi nella zona del
Bosco Romagno, sopra Ronchi di Spessa, una ventina di chilometri più a
valle. Due dei prigionieri si dichiarano disposti a passare tra i
garibaldini. Gli altri saranno tutti uccisi e sbrigativamente sotterrati
tra il 10 e il 18 febbraio… per continuare, clicca qui
Ricordiamo solo che il principale
responsabile della strage, Mario Toffanin (“Giacca”), fu condannato
all’ergastolo; si rifugiò nell’allora ospitale Jugoslavia. Fu graziato
da Pertini, suo correligionario. Le ragioni della grazia non furono mai
chiarite.
Assassinio di Giovanni Gentile:
filosofo, presidente dell’Accademia d’Italia, 69 anni, uomo pacifico e
mite. La sua principale “colpa”? Gli inviti alla riconciliazione
nazionale, fatti con insistenza nell’insanguinato periodo della guerra
civile. Assassinato a Firenze il 15 aprile 1944 dal comunista Bruno
Fanciullacci. Per altri dettagli, clicca qui
L'attentato
di via Rasella fu un'azione partigiana condotta il 23
marzo 1944 a Roma
dai Gruppi
di Azione Patriottica contro un reparto delle truppe
di occupazione tedesche, l'SS-Polizei-Regiment
"Bozen" (reggimento
di polizia
delle SS "Bolzano")
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Strage di via Rasella:
23 marzo 1944 a Roma, in via Rasella, i comunisti Rosario Bentivegna e
Carla Capponi fanno esplodere una bomba al tritolo al passaggio di una
colonna di soldati tedeschi dei reggimenti di polizia sudtirolese. Non
erano truppa combattente, non erano SS, non erano volontari, checché ne
dica la falsificazione targata ANPI. A questo proposito leggi le
illuminanti spiegazioni dello storico LORENZO BARATTER e gli articoli diPIERANGELO MAURIZIO e di PIERANGELO GIOVANNETTI.
Nell’attentato trovarono la morte 33 soldati tedeschi e diversi civili
italiani, tra cui un ragazzo di tredici anni. La rappresaglia tedesca
si scatenò e alle Fosse Ardeatine furono uccisi 335 prigionieri
prelevati dalle carceri romane. Curiosamente diversi di questi erano
partigiani non comunisti, e questo fatto ha reso legittimi i non pochi
sospetti sulle vere ragioni che spinsero i comunisti al crimine. I due
criminali, Bentivegna e Capponi, si guardarono bene dal consegnarsi alle
autorità tedesche, e lasciarono trucidare gli innocenti ostaggi. È
risibile la scusa sul fatto che, pare, i tedeschi non avessero affisso
manifesti per minacciare la rappresaglia, quando era ben noto questo
loro feroce modus agendi.
Centotrenta preti uccisi, dal 7 agosto 1941 al 4 febbraio 1951. Ben noto il mandante, tanti i killer. Vedi al proposito il libro di ROBERTO BERETTA, “Storia dei preti uccisi dai artigiani”, edito da Piemme nel 2005.
L’uccisione di Mussolini e di Claretta Petacci.
Perché uccidere anche una donna, colpevole solo del suo amore per il
Duce? E perché uccidere il Duce, che doveva, secondo gli accordi,
essere consegnato agli Alleati? E perché compiere la strage sul
lungolago di Dongo? Non era certo estraneo a tutti questi crimini il
tesoro di Dongo, del valore stimato di circa 600 milioni di attuali
euro, che sparì “nel nulla” dopo essere arrivato in mani comuniste.
Sparirono anche una decina di persone, per la maggior parte partigiani,
che volevano sapere la verità sulla fine del mitico “Oro di Dongo”.
Questa truce vicenda viene approfondita nel libro di LUCIANO GARIBALDI e FRANCO SERVELLO.
E poi… Vi ricordate di Alfa Giubelli, la bambina di dieci anni, che dovette assistere alla fucilazione della mamma, eseguita da partigiani comunisti? Ce ne parla MARIO CERVI.
Oppure ricordate Alfredo Pizzoni,
banchiere milanese, apolitico, antifascista, presidente del CLNAI, che
grazie al suo prestigio personale ottenne dagli inglesi armi e
finanziamenti per i partigiani? Cancellato dalla Storia, e sostituito
frettolosamente alla vigilia del 25 aprile con Ferruccio Parri. Ce ne
parla TOMMASO PIFFER, in un libro pubblicato da Mondadori nel 2005.
E finiamo qui. Perché questo elenco? Per
un motivo molto semplice. La guerra civile è stato un periodo di
ferocia e di sangue, e l’insaziabile sete di violenza, tipica
dell’ideologia comunista, non solo ne ha voluto fare un periodo di
gloria, ma vuole anche perpetuare questo odio. Abbiamo voluto ricordare
alcune vergognose pagine di crimini comunisti solo perché è vergognoso
che da parte dei comunisti e dei loro stanchi e confusi epigoni si
voglia continuare questa cerimonia annuale di esaltazione dell’odio.
Se l’Italia non ritroverà la concordia,
se non si saprà passare sul passato la benefica pulizia della
misericordia e del perdono reciproco, ricordandosi finalmente dei
precetti cristiani, i soli che possono costruire una convivenza civile
degna di questo nome, quali speranze potrà ancora avere questo povero
Paese già allo sfascio?
A quando la fine dell’apologia dell’odio, che rende così obnubilati da festeggiare una sconfitta?
Ciao amico mio anche qui la storia da molto da leggere e studiare,
RispondiEliminagrazie e a presto